
Solo cinque class action tricolore negli ultimi due anni. Sul sito del ministero della giustizia, nella pagina delle azioni di classe, che deve obbligatoriamente contenere l’elenco di tutte quelle avviate in Italia, per il 2021-22 ce ne sono elencate soltanto 8 di cui 2 inammissibili e una estinta. Non un grande successo, indubbiamente. Se negli Stati Uniti la class action è in vigore e funziona abbastanza bene fin dal diciannovesimo secolo, in Italia la disciplina delle azioni collettive è stata introdotta solo nel 2005 e modificata nel 2019, ma non ha dato grande prova a causa della complessità della normativa, degli alti costi che devono essere affrontati dalla parte attrice e dalla mancanza di incentivi adeguati per gli studi legali, oltre che dalla indisponibilità di risorse umane e logistiche degli stessi.
Acclarato l’insuccesso, tuttavia, la class action, non lascia, ma raddoppia: dal 25 giugno 2023, grazie al recepimento di una direttiva europea, dovrebbe infatti andare ad affiancarsi alla vecchia disciplina una nuova normativa che consentirà di ampliare di molto il campo di operatività delle azioni collettive, grazie anche a una decisa operazione di semplificazione normativa. Prima si parlava, per esempio, di diritti individuali omogenei dei componenti di una classe. Una formula piuttosto oscura, sufficiente, da sola, a mettere in crisi la volontà di adire le vie legali in molti casi. Ora si parla invece di interessi di un numero di consumatori che potrebbero essere danneggiati da una violazione delle disposizioni in materia di contratti e diritti dei consumatori. Ma soprattutto gli interessi collettivi sono definiti in maniera precisa, perché si scrive che sono quelli che derivano dalle violazioni di regolamenti e direttive elencate espressamente in allegati alla direttiva europea, prima, e al decreto legislativo che sta per essere approvato in Italia, poi. Ora le nuove norme sono destinate a far accertare violazioni rispetto a regole precise e nominate esplicitamente. In pratica si dice: se si violano le disposizioni in materia di multiproprietà (o prodotti difettosi, o pagamenti transfrontalieri, o prodotti cosmetici, ecc.), è possibile chiedere al giudice un provvedimento inibitorio o un provvedimento compensativo (per esempio, il pagamento di una somma, la riparazione, la sostituzione ecc.).
Il decreto legislativo italiano, già approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri il 9 dicembre 2022 e ora all’esame del parlamento per il prescritto parere, dovrebbe entrare in vigore il 25 giugno 2023 e permettere una rivitalizzazione della class action, anche se in realtà non si chiama più così ma “azione rappresentativa”. Un nome italiano, ed è forse la prima volta che succede quando si prendono a modello istituti giuridici stranieri, che si spera possa essere di buon auspicio per la definizione di un percorso che non sia semplicemente la brutta copia di quanto avviene da altre parti, ma qualcosa di più consono alla cultura giuridica e alla mentalità dei consumatori del Belpaese.
Marino Longoni, ItaliaOggi Sette