Tra le teorie sull’origine della pandemia da nuovo coronavirus, l’ipotesi più probabile e più scientificamente valida sembra essere la zoonosi, il contatto con la fauna selvatica, e, in particolare, il mercato ittico di Wuhan. Questi, in estrema sintesi, sono i risultati di uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli scienziati dell’Independent Task Force on Covid-19 and other Pandemics, un gruppo di ricercatori di fama internazionale esperti in salute umana, animale e pubblica, virologia, epidemiologia, biologia della fauna selvatica ed ecologia. Il team, composto anche da membri italiani, ha raccolto informazioni sui principali focolai di virus a RNA dal 1967, ricostruendo i pattern di diffusione, eziologia e contagi virali. I ricercatori hanno inoltre descritto una strategia in tre punti che potrebbe prevenire e contrastare efficacemente il rischio di pandemie globali di origine zoonotica. Sorveglianza, ricerca e informazione rappresentano pertanto i tre passaggi chiave del programma elaborato dalla Task Force. In primis, gli esperti sottolineano la necessità di stimare il rischio di spillover tramite interfacce intelligenti che monitorino fauna selvatica, bestiame ed esseri umani. La ricerca, inoltre, deve poter contare su fondi adeguati per sviluppare tempestivamente farmaci e vaccini specifici. L’ultimo step riguarda l’esigenza di ostacolare la disinformazione e diffondere messaggi supportati da evidenze scientifiche. “Il mondo ha in gran parte fallito nella prevenzione e nella risposta iniziale alla pandemia – afferma Gerald T. Keusch, presidente della Task Force e ricercatore presso l’Università di Boston – il nostro lavoro evidenzia che un approccio One Health, in grado di bilanciare e ottimizzare la relazione tra la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi è fondamentale per affrontare al meglio future pandemie”.