Vi proponiamo, per intero, l’intervento della presidente ANIA, Maria Bianca Farina, al Convegno Nazionale di AIBA dal titolo “Salute: chi ci assicura che siamo sulla strada giusta? L’esigenza di un nuovo sistema di prevenzione e cura del cittadino”.
“Sono molto lieta di portare il saluto dell’industria assicurativa italiana a questo vostro Convegno Nazionale, dedicato alle sfide del mondo della Sanità e della Salute in uno scenario di lenta uscita dall’emergenza Covid, ma certamente ancora caratterizzato da terribili eventi e grande incertezza.
La pandemia ha confermato la crucialità del nostro Sistema sanitario, che è stato sottoposto a uno stress di eccezionale gravità. Lo shock è stato superato grazie alla professionalità, alla dedizione e al sacrificio di tutti coloro che hanno operato in prima linea, al senso di responsabilità della cittadinanza, a misure straordinarie di politica economica e monetaria.
Durante l’emergenza si è registrato un aumento significativo delle risorse dirette al finanziamento del SSN: secondo la Nota di aggiornamento del DEF, la spesa pubblica sanitaria avrebbe sfiorato i 130 miliardi nel 2021, dai 115 nel 2019, mentre l’incidenza sul PIL sarebbe stata del 7,3%, contro il 6,5% di due anni prima, anche per il calo del prodotto nazionale.
Nel quadro tendenziale predisposto dal Governo, è indicata per il triennio 2022-2024 una spesa in valore assoluto pari a circa 125 miliardi che sarebbe associata a una riduzione dell’incidenza sul PIL. Nel lungo periodo, invece, l’incidenza è destinata a crescere, soprattutto per gli effetti dell’invecchiamento demografico. Si tratta di un processo che, portando a un peso crescente delle classi di età più avanzata, aumenterà i bisogni di protezione contro i rischi della persona, da quelli sanitari a quelli di non autosufficienza.
L’obiettivo dei prossimi anni non può che essere innanzitutto quello di potenziare il sistema pubblico, dotandolo di risorse adeguate: servono investimenti per l’ammodernamento delle strutture e per rafforzare le attività di ricerca. L’innovazione è, e diventerà, sempre più fondamentale per rispondere ai bisogni di salute. In un domani non troppo lontano, nuove tecnologie ci potranno aiutare nella vita quotidiana e a individuare per tempo il sopraggiungere di malattie croniche, facilitando l’adozione di adeguate misure di prevenzione.
Per rispondere alla domanda del convegno: “Salute: chi ci assicura che siamo sulla strada giusta?”, è importante tenere conto che il PNRR prevede investimenti nella sanità per oltre 20 miliardi.
Il Piano si concentra su reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale, con un investimento di 7 miliardi, e sull’innovazione, ricerca e digitalizzazione del SSN con 8,6 miliardi.
Si osserva da più parti che gli investimenti sono in grande parte diretti verso l’edilizia, per assicurare i necessari adeguamenti strutturali e le attrezzature, e verso il ricambio del parco tecnologico.
Ma anche se tutte le risorse fossero investite in tempo e al meglio, come noi fortemente auspichiamo, non è affatto scontato che esse siano sufficienti per garantire il successo di un necessario progetto di ammodernamento ed efficientamento del nostro sistema sanitario nazionale.
Un segnale inequivocabile di insufficienza delle risorse stanziate viene dalla crescita ininterrotta della spesa privata delle famiglie, giunta ormai a superare i 40 miliardi di euro all’anno. Essa è per lo più sostenuta direttamente (“out of pocket”), essendo quella intermediata dalle diverse forme di sanità integrativa – fondi e casse sanitarie, società di mutuo soccorso, polizze assicurative – limitata all’incirca al 10%, molto meno di quanto si registra nei maggiori Paesi europei.
Si tratta di una situazione poco efficiente e socialmente iniqua, poiché mette le persone di fronte alla scelta fra pagare (quando sono in condizioni di farlo) o, ancora più grave, rinunciare alle cure nel momento in cui si è più fragili.
Ma vi è anche un altro aspetto importante, che la crisi pandemica ha consentito di mettere meglio a fuoco.
Mi riferisco a quanto accaduto nell’ultimo anno e mezzo, ossia all’accumulo di risparmio, in gran parte in forma liquida, da parte delle famiglie. Parte di questo accantonamento è stato motivato – lo segnalano diversi studi – anche dall’accresciuta incertezza sui rischi di natura sanitaria connessi all’esplosione della pandemia.
Avere un sistema di finanziamento della sanità più efficiente consentirebbe di ridurre questa “preferenza per la liquidità” e di dirigere flussi di risparmio verso l’economia reale. Sarebbe un modo, in altri termini, per rafforzare la ripresa economica del Paese, rendendolo nel contempo meno vulnerabile.
Sono anche convinta della necessità di riflettere seriamente su un modello di welfare innovativo che combini al meglio le risorse pubbliche e private, con un ruolo più ampio assegnato alla sanità integrativa che, basandosi su un principio di mutualità, tipico delle assicurazioni, garantirebbe maggiore uguaglianza ai cittadini e più elevati livelli di protezione per i malati.
È per questo motivo che stiamo promuovendo un progetto innovativo con l’obiettivo di formulare al Governo e a tutti gli stakeholder proposte operative per un’evoluzione del nostro sistema di welfare integrativo, al fine di offrire una migliore copertura a tutti i cittadini.
Le forme di sanità integrativa hanno una rilevanza sociale, meritevole di tutela e di incentivazione, perché consentono a molti cittadini (si stima siano circa 15 milioni) e ai loro nuclei familiari di trovare una risposta di protezione sanitaria per accedere a prestazioni e servizi più ampi e più rapidi.
L’attenzione che deve essere prestata a un ambito così importante come quello della salute rende necessario intervenire, a tutela degli assistiti, anche con un disegno ordinato di regole su trasparenza, governance, vigilanza, nonché sul relativo trattamento fiscale.
Le imprese di assicurazione costituiscono il fulcro del sistema di finanziamento privato della sanità. Negli ultimi anni la diffusione delle coperture sanitarie è cresciuta in misura significativa: dal 2014 al 2021 i premi raccolti sono passati da circa 2 miliardi di euro a circa 3,3 miliardi, con una crescita del 60%. Quasi il 70% dei premi è rappresentato da polizze collettive. Nel 2021 si dovrebbe assistere a un deterioramento del combined ratio, di circa 10 punti percentuali, per effetto di una crescita delle denunce di risarcimento e l’indicatore potrebbe superare, dopo oltre un decennio, la soglia del 100%.
Nonostante la crescita significativa, la dimensione raggiunta in termini di raccolta premi è ancora molto inferiore a quella che si riscontra nei Paesi europei più avanzati, come Francia e Germania.
Peraltro, il ritardo nello sviluppo che caratterizza il settore dell’assicurazione sanitaria in Italia è comune anche ad altri comparti dell’assicurazione danni: da quello dell’assistenza per le persone non autosufficienti a quello infortuni, dalle coperture contro i danni ai beni a quelle contro i rischi catastrofali. La situazione è testimoniata dal valore del rapporto tra premi danni non auto e PIL, che rimane oggi nel nostro Paese intorno all’1%, contro valori pari al doppio o addirittura al triplo negli altri maggiori Paesi europei. È una situazione che denota, in larga parte, l’assenza di un quadro organico di collaborazione fra settore pubblico e settore privato che incentivi consapevolezza e prevenzione del rischio nella cultura e nei comportamenti dei cittadini.
La differenziazione dei prodotti nel campo della salute dipende dalle politiche di offerta ma, soprattutto, dalle preferenze degli individui e, ancor più, delle collettività che si assicurano. Sempre, però, il meccanismo della mutualizzazione dei rischi – tipico dell’assicurazione – e lo strumento del convenzionamento sono fattori di efficienza, poiché consentono di mantenere un maggiore controllo sui costi, garantendo una elevata qualità del servizio che è essenziale soprattutto nella sanità.
Operano nel nostro Paese i principali gruppi assicurativi internazionali e siamo certi che l’offerta assicurativa nazionale è allineata alle best practices diffuse a livello globale e continuerà ad evolvere in relazione all’arricchimento delle conoscenze scientifiche e al modificarsi delle sensibilità sociali, si pensi al valore delle informazioni genetiche o ai progressi della cura dei tumori.
Diverse compagnie abbinano già oggi – come dimostrano con chiara evidenza le analisi dell’IVASS2 – alla copertura assicurativa l’offerta di servizi innovativi, quali prevenzione dei rischi, telemedicina e teleconsulto. Abbiamo perciò un ruolo fondamentale per contribuire a rendere più efficiente il sistema sanitario italiano, soprattutto nell’ottica di rafforzare la prevenzione, di aumentare la digitalizzazione e di rendere la casa il primo luogo di cura.
Più in generale, dobbiamo perseguire l’ambizioso obiettivo di avere più famiglie assicurate, con coperture più ampie e contratti più lunghi, e attraverso una partnership solida tra le persone e le assicurazioni.
Per raggiungere questo obiettivo, un ruolo fondamentale è svolto dalla distribuzione. I broker, in particolare, devono favorire la diffusione della cultura del rischio e la conoscenza degli strumenti per fronteggiarlo. Devono, inoltre, contribuire ad avvicinare i clienti e le compagnie, a personalizzare le coperture e a ricercare i prodotti e i servizi più vicini ai bisogni della clientela. È un ruolo decisivo per combattere la storica sottoassicurazione italiana e per il quale le compagnie sono pronte a offrire ogni supporto”.