Tredicesima 2021 alle porte, una mensilità a pieno titolo della retribuzione dei lavoratori. Per la precisione, fa parte della retribuzione differita, perchè, pur maturando tutti i mesi, viene erogata al lavoratore in un’unica soluzione annuale.
La mensilità natalizia matura durante alcune tipologie di assenze, come la malattia (entro il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro) e la maternità. Non matura, invece, durante permessi e aspettative non retribuite, scioperi, assenze ingiustificate e durante il congedo parentale e per malattia del figlio. Per calcolare questa mensilità aggiuntiva bisogna seguire regole molto specifiche. Un mese si considera lavorato per intero, dando diritto alla maturazione di un rateo di tredicesima, se risultano almeno 15 giornate lavorate o assimilate (assenze tutelate).
Nelle assenze per malattia (entro i limiti del periodo di conservazione del posto), ma anche per maternità ed infortunio, il lavoratore matura regolarmente il diritto alla quota di tredicesima: bisogna però detrarre le eventuali destinate agli Istituti assicuratori, cioè dell’Inps o dell’Inail. Le maggiorazioni corrispondenti ai ratei Inps o Inail non devono essere detratte se:
– il contratto collettivo applicato prevede l‘integrazione dell’indennità a carico dell’azienda;
– l’indennità a carico dell’azienda è stata quantificata considerando il valore complessivamente erogato (al lordo, cioè, della quota comprensiva dell’incidenza della tredicesima mensilità).
Più precisamente, quando il datore di lavoro ha l’obbligo di integrare l’indennità Inps o Inail, corrisponde la tredicesima per intero: questo, perché in sede di erogazione dell’indennità e dell’integrazione al 100% della retribuzione, il rateo di mensilità aggiuntiva per conto dell’Istituto risulta imputato ad ogni periodo di paga, diminuendo di fatto la quota di integrazione a carico del datore. In tal caso, dunque, la 13° deve essere erogata per intero.
Se, invece, questo tipo di obbligo non sussiste, il datore di lavoro deve detrarre dalla mensilità aggiuntiva il rateo già corrisposto dall’ente previdenziale. Se, infine, il trattamento contrattuale è pari a quello previdenziale, l’azienda non deve dedurre niente.
Per i periodi in cui ricorre un trattamento di integrazione salariale, il diritto alla maturazione della tredicesima mensilità varia a seconda di, riduzione oraria o cassaintegrazione (Cig) a “zero ore”. La tredicesima matura solo nei casi di riduzione oraria e non anche nei casi di sospensione a zero ore. In entrambi i casi viene, comunque, garantita ai lavoratori interessati un’integrazione salariale pari all’80% della retribuzione, a carico dell’Inps, comprensiva dei rateo per la tredicesima mensilità. Nei periodi di Cig a orario ridotto maturano due quote di mensilità aggiuntive: – la prima corrisponde alle ore effettivamente svolte e a quelle di assenza tutelata (malattia, infortunio, ecc.);
-la seconda, riferita alle ore non lavorate per effetto della riduzione d’orario, beneficia della parziale integrazione salariale.
Se il lavoratore si assenta, durante l’anno, fruendo di permessi o congedi non retribuiti, durante i periodi di assenza, la tredicesima non matura. Bisogna dunque detrarre, dall’importo della tredicesima, il valore corrispondente ai periodi di mancata maturazione. Ipotizzando che il dipendente abbia maturato tutti e 12 i ratei di tredicesima e che abbia fruito, nell’anno, di 20 ore di permessi non retribuiti, per calcolare la tredicesima:
– bisogna innanzitutto conoscere la base di calcolo partendo da una mensilità di riferimento, pari a 1.500 euro;
– successivamente, è necessario dividere questa base per 2.080 ore, cioè per l’orario standard annuale;
– bisogna poi moltiplicare il risultato per 20, pari alle ore di permessi non retribuiti nell’anno, per i quali la gratifica natalizia non matura;
– infine, è necessario sottrarre l’importo ottenuto dalla base della mensilità aggiuntiva, arrivando così alla tredicesima spettante nel concreto.