Un MW di elettricità da carbone pagato 800 euro anziché 30. Le rinnovabili sono cresciute, ma le regole del mercato sono rimaste le stesse. E a pagare il prezzo di un sistema imperfetto e delle speculazioni sono i cittadini. Gli ultimi aumenti sono stati, temporaneamente, bloccati dal Tar della Lombardia
Se siano stati abusi, come denuncia il Codacons, o legittime condotte di mercato come sostengono gli operatori, lo accerteranno l’Autorità per l’energia e i magistrati. Ma in attesa di sapere se ci saranno sanzioni per i produttori e i grossisti di energia elettrica responsabili dei rincari in bolletta, rimane il problema di un sistema non più al passo con i tempi. Il palcoscenico su cui si sono consumati gli aumenti del 4,3% per la luce e dell’1,9% per il gas, deliberati dall’Authority a giugno 2016 e poi bloccati il 20 luglio 2016 dal Tar della Lombardia, è infatti rimasto lo stesso nel tempo. Quasi immutato, mentre andava in scena la transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, che a luglio 2016 hanno coperto quasi il 40% del fabbisogno nazionale.
In mancanza dello stop del Tar, quei costi lievitati per centinaia di milioni di euro sarebbero andati a pesare, un po’ paradossalmente, sulle tasche dei consumatori che hanno deciso di rimanere nel mercato di maggior tutela, credendosi, come dice l’espressione stessa, più protetti. Ma non sempre è così, come dimostra questa vicenda su cui adesso l’Autorità sta cercando di far luce con procedimenti ad hoc.
Il segno più è legato in particolare a un aumento dei costi per il dispacciamento, l’attività con cui Terna, che gestisce la rete elettrica nazionale, aggiusta il sistema in tempo reale, tenendo in equilibrio domanda e offerta. Queste operazioni, spiega Carlo Andrea Bollino della Luiss, uno dei massimi esperti italiani di energia, “diventano sempre più importanti di pari passo con la crescente diffusione delle rinnovabili, che per loro natura non garantiscono energia in continuo”. A rispondere alle richieste di aiuto di Terna sono i grossi impianti idroelettrici o alimentati a fonti fossili. E sono proprio le centrali termiche ad essere finite – non da sole – sul banco degli imputati. Il motivo è presto detto: questi impianti in molti casi presentano offerte di vendita solo quando per loro è più conveniente. Cioè non il giorno prima, quando si negozia il grosso dell’energia per l’indomani con prezzi oggi molto bassi, ma solo il giorno stesso per il dispacciamento, mercato su cui i prezzi sono decisamente più remunerativi. “Gli impianti alimentati a fonti fossili sono già fuori mercato per la diffusione delle rinnovabili: oggi riescono a coprire i costi operativi proprio con il dispacciamento. Difficile dire se il loro sia un abuso di posizione dominante”, dice Virginia Canazza della società di ricerca e consulenza sull’energia Ref-e. Servizi che, quando c’è il bisogno urgente di tenere in equilibrio la rete, le centrali forniscono anche a peso d’oro: “Alla centrale a carbone di Brindisi Sud, per esempio, Terna è arrivata a pagare 800 euro per MW, contro i circa 30 euro a cui un MW veniva scambiato sul mercato del giorno prima”.
I costi, aggiunge Bollino, lievitano anche “perché, trattandosi di impianti termici, Terna non paga solo per l’ora in cui la centrale viene materialmente in soccorso, ma anche per il tempo necessario ad avviare l’impianto”. Se differenze di prezzo così alte siano pienamente giustificabili così dovrà appurarlo l’Authority, ma certo è che questi extra-costi sono anche il segno di “regole europee imperfette. Il mercato dell’energia andrebbe profondamente riformato per far sì che l’aumento delle rinnovabili possa avere il suo spazio senza il formarsi di picchi di prezzo anomali sul mercato del dispacciamento”. Che, aggiunge l’esperta di Ref-e, “è rimasto quello di una volta, quando la domanda energetica era alta e le fonti rinnovabili intermittenti erano una piccola parte. Oggi siamo in condizioni opposte: se, come si prevede, continuerà la crescita delle rinnovabili e rimarrà il ritardo nelle tecnologie di stoccaggio, l’intermittenza dell’energia continuerà a essere un problema significativo con cui fare i conti”.
Le centrali alimentate a fonti fossili non sono però l’unico imputato: nei documenti con cui l’Autorità per l’energia ha avviato i procedimenti si fa riferimento anche ai grossisti e agli impianti di produzione da fonti rinnovabili. In entrambi i casi si mette in dubbio la correttezza di atteggiamenti speculativi abbastanza diffusi: “Era diventato molto facile capire se il giorno dopo il mercato avrebbe avuto necessità o sovrabbondanza di energia e gli operatori cercavano di mettersi sempre in posizione di vantaggio. I trader, per esempio, quando prevedevano che il giorno dopo ci sarebbe stata una domanda maggiore del previsto, acquistavano più energia il giorno prima a prezzi inferiori per rivenderla l’indomani a prezzi più alti, nei momenti in cui era necessario bilanciare il sistema”, continua Canazza. Anche gli impianti alimentati a rinnovabili intermittenti, per ribilanciare il mercato ottenevano un premio, che l’Authority ha deciso di ridimensionare per scoraggiare questi comportamenti. Di pari passo con i procedimenti di indagine, infatti, l’Autorità ha anche modificato alcune regole e deciso di aprire direttamente il mercato del dispacciamento alle rinnovabili, incentivandole a parteciparvi attraverso la riduzione del premio, appunto. L’obiettivo è provare a minimizzare le condotte anomale che il sistema comunque consentiva e in parte consente ancora. Piccoli passi in attesa di capire come sarà riformato il mercato dell’energia a livello europeo.
La Stampa