Il primo robot flessibile in grado di evitare ostacoli e zone sensibili o pericolose in luoghi difficilmente accessibili è tutto italiano. Il gruppo di ricerca guidato da Edoardo Sinibaldi, del Centro di MicroBioRobotica di Pontedera (Pisa) dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna, ha brevettato questo prototipo. Ma quali sono le principali applicazioni di questa tecnologia? Le si aspettano in campo medico, per la veicolazione di strumenti chirurgici all’interno del corpo umano ma anche in ambito aerospaziale per ispezionare sistemi con componenti poco raggiungibili. Inoltre il robot flessibile potrà essere utilizzato in operazioni di ricerca e soccorso in ambienti di difficile accesso. Come funziona: la tecnologia brevettata consente al robot, che sembra una sorta di serpente, di costruirsi una guida tramite il suo stesso avanzamento, senza usare supporti esterni. Il robot è costituito da due strumenti flessibili identici e “intrecciati”, che avanzano uno sull’altro supportandosi a vicenda, in modo alternato. Ciascuno dei due strumenti può diventare temporaneamente rigido e guidare con precisione l’altro. Per cambiare rigidezza, la forma dello strumento flessibile viene stabilizzata tramite un’unica coppia di fili elettrici che portano corrente a piccoli blocchi di materiale piezoelettrico, un materiale speciale che si dilata quando percorso da elettricità. Il robot è in grado di compiere traiettorie complesse e con grande curvatura, utili per circumnavigare ogni tipo di ostacolo. Una delle peculiarità e novità di questa tecnologia, che rendono unica questa innovazione, è la capacità di raggiungere un obiettivo evitando di toccare ostacoli o zone sensibili con tutto il corpo dello strumento e non solo con la sua estremità. Questa problematica è al momento ancora un tema caldo in campo tecnologico. “Siamo partiti da uno studio teorico e la configurazione ‘intrecciata’ emersa come possibile soluzione al problema è assolutamente innovativa. È il frutto di un lavoro lungo e articolato, in cui abbiamo saputo integrare e valorizzare le nostre competenze e l’anima multiculturale del nostro team di ricerca” racconta Edoardo Sinibaldi, ingegnere aerospaziale e responsabile dello studio. Nello studio sono coinvolti anche Byungjeon Kang e Risto Kojcev, due studenti di dottorato della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e rispettivamente ingegnere meccanico sudcoreano e ingegnere elettronico macedone.
di Candido Romano, International Business Times