Via all’Ops, fino al 28 luglio per le adesioni. Tre scenari a seconda della quota che raggiungerà la banca di Carlo Messina. La replica al cda guidato da Massiah, che aveva bocciato seccamente le avances
Quasi cinque mesi dopo l’annuncio, l’Offerta pubblica di scambio di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca passa alla decisiva prova dei soci dell’asse Bergamo-Brescia. Da oggi al 28 luglio, infatti, gli azionisti Ubi dovranno decidere se consegnare le proprie azioni, ottenendo 17 titoli Intesa per ogni 10, o se invece respingere l’offerta, rimanendo soci Ubi. A valle delle adesioni, ci sono tre possibili scenari. Se Intesa raggiungerà il 66,67% del capitale dell’istituto guidato dall’ad Victor Massiah
Otterrà il controllo dell’assemblea straordinaria e procederà all’incorporazione offrendo con ogni probabilità agli altri azionisti termini peggiori rispetto a quelli dell’Ops. Se l’offerta non raggiungerà il 50%, invece, semplicemente fallirà. Ubi resterà indipendente e potrà procedere con l’esecuzione del proprio piano industriale, aggiornato venerdì. Il contraccolpo, secondo molti analisti, si sentirà tuttavia sui titoli Ubi, che dal 17 febbraio viaggiano allineati ai termini dell’Ops, vale a dire con un premio di circa il 28% rispetto ai valori precedenti all’annuncio.
Il terzo scenario è il più complesso: se Intesa otterrà tra il 50% e il 66,67% del capitale, l’offerta potrà essere considerata efficace, ma per la banca guidata dall’ad Carlo Messina la strada per realizzare la propria strategia si farà più accidentata. Se infatti è vero che il via libera dell’assemblea straordinaria potrà essere ottenuto anche con una quota inferiore al 66,67% (servono infatti i due terzi del capitale presente in assemblea, che non è mai pari al 100%), non è difficile prevedere una lunga battaglia in cda tra i consiglieri espressi da Intesa e quelli indicati dai soci Ubi contrari all’operazione, in particolare sulla prevista cessione di 532 sportelli a Bper per esigenze Antitrust.
Proprio l’Antitrust è l’altro punto interrogativo sullo sfondo: l’offerta è infatti condizionata al via libera dell’Autorità entro il 30 luglio (vale a dire 2 giorni di borsa aperta prima della data di pagamento del corrispettivo dell’ops, fissata il 3 agosto).
Venerdì il cda di Ubi ha pubblicato una bocciatura dell’operazione, alla quale è arrivata oggi la replica di Intesa Sanpaolo. In una nota prima dell’apertura dei mercati, la banca offerente ha precisato che l’indicazione del valore e delle sinergie stimate dall’operazione è superiore a quanto indicato da Ubi e che il dividendo previsto è congruo. Come si legge in una nota, “l’allocazione del valore e delle sinergie derivanti dall’operazione a favore degli attuali azionisti Ubi Banca è superiore all’ammontare stimato dal cda di Ubi, pari al 10% del valore attuale delle sinergie complessive al netto dei costi di integrazione”, ossia circa 320 milioni di euro rispetto a un totale di 3,2 miliardi, calcolati considerando che gli attuali azionisti di Ubi verrebbero a detenere una quota pari a circa il 10% del capitale del gruppo risultante dall’operazione. “Va infatti considerato anche il valore rappresentato dal premio offerto (pari a circa 1,1 miliardi ai prezzi del 14 febbraio 2020), che porta a un ammontare di competenza degli azionisti di Ubi pari a oltre il 40% del valore attuale delle sinergie complessive al netto dei costi di integrazione”, si legge.
Inoltre, il piano industriale aggiornato di Ubi, reso noto il 3 luglio, “nonostante una redditività rivista al ribasso – e in contrasto con quanto storicamente registrato da Ubi Banca – indica un incremento, rispetto a quanto comunicato precedentemente, dell’obiettivo in termini di distribuzione cumulata di dividendi nel triennio 2020-2022 (esclusi i dividendi di competenza dell’esercizio 2019), che diventa superiore del 60% rispetto a quella originariamente quantificata nel piano e che nel piano aggiornato è stimata in circa 840 milioni, di cui 350 milioni derivanti da componenti straordinarie e non ripetibili conseguenti a cessione di partecipazioni”. Il cda di ubi ha evidenziato il fatto che la fusione non attribuirà alcun premio agli azionisti di minoranza che non avessero aderito all’offerta.
“Intesa sanpaolo fa presente che la legge e la prassi impongono di determinare il concambio di fusione (e quindi di valutare incorporante e incorporata, ovviamente senza premio di controllo) con criteri e metodologie che si ispirano anzitutto al principio di omogeneità e comparabilità degli elementi considerati, principio, questo, che garantisce la correttezza e la congruità del concambio”. Piuttosto, il cda di Ubi “avrebbe dovuto ricordare agli azionisti che, ove gli stessi non aderissero all’offerta, si troverebbero con un’azione contraddistinta da un prezzo che non conterrà il premio implicitamente riconosciuto nell’ambito dell’offerta in favore degli aderenti (pari a circa il 28% sulla base dei prezzi al 14 febbraio 2020)”.
La banca guidata da Messina ha anche chiarito che “la fusione è uno degli strumenti per massimizzare la creazione di valore dell’operazione, ma anche in assenza della medesima gli obiettivi strategici e le sinergie sono in larga parte conseguibili”. Se arriverà almeno al 50% del capitale più un’azione di Ubi banca (soglia di partecipazione di controllo autorizzata dalla Bce), Intesa “potrà esercitare la maggioranza dei diritti di voto in assemblea, potrà legittimamente nominare un nuovo cda (con la partecipazione di consiglieri indipendenti come previsto dalla legge e dallo statuto di Ubi banca) e, anche ai sensi dell’art. 61 del Tub, eserciterà attività di direzione e coordinamento nei confronti di Ubi Banca nel rispetto dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, nell’ottica complessiva del gruppo”.
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