(di Katherine Puce) Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale ha rivoluzionato il modo in cui le persone comunicano, e le aziende non sono da meno. Questo accade quando il modo di parlare, scrivere e ascoltare si adatta alle logiche delle macchine e inizia a entrare nelle strategie comunicative delle imprese. In particolare, l’IA e il linguaggio diventano centrali nell’uso delle chatbots, nella generazione automatica di contenuti, nella traduzione istantanea e nell’analisi del linguaggio dei clienti, ridefinendo il linguaggio stesso.
L’IA al servizio della comunicazione aziendale
È proprio nell’utilizzo delle prime chatbots all’interno delle aziende che l’IA ha iniziato a essere concepita e considerata positivamente come un alleato per migliorare e automatizzare il servizio clienti, gestendo le richieste più comuni. In breve tempo si è passati alla generazione automatica di contenuti come e-mail, descrizioni prodotto e testi pubblicitari, Infine, l’IA è stata integrata in strumenti di traduzione istantanea sempre più sofisticati, che hanno abbattuto le barriere linguistiche nei mercati globali. Oggi, grazie al natural language processing (NLP), le aziende analizzano in tempo reale il linguaggio dei clienti per comprenderne bisogni, emozioni e aspettative, rendendo la comunicazione non solo più efficiente, ma anche più personalizzata e strategica.
Dunque, come spiegare questo rapporto in maniera critica, senza limitarsi agli effetti immediati di semplificazione dei rapporti e della comunicazione quotidiana? È importante sottolineare come l’IA tenda a privilegiare le lingue più parlate e meglio rappresentate nei dati digitali, come l’inglese, il cinese o lo spagnolo. Questo porta a una sottorappresentazione delle lingue minoritarie, che rischiano di scomparire digitalmente e, con il tempo, anche culturalmente. Sebbene l’ampio utilizzo di queste tecnologie, seppur positivo, acceleri un processo già in atto, l’uso massivo di linguaggi “standardizzati” e semplificati, adattati alle esigenze delle macchine, può portare a un appiattimento del linguaggio umano, riducendo la varietà di espressioni. Il rischio è una vera omologazione che parte dal linguaggio e impatta sulle aziende che lo adottano nelle proprie relazioni interne ed esterne.
Il rischio di un linguaggio universale e automatizzato
Anche se un legame tra linguaggio e azienda non risulta immediatamente intuitivo, l’uso di tecnologie che privilegiano solo alcune lingue, come l’inglese, può escludere fasce di pubblico meno rappresentate digitalmente. Parallelamente, non si può escludere un impatto negativo sull’identità del brand, che rischia di essere limitata a strumenti automatici e ridursi a un linguaggio generico, privo di sfumature culturali identitarie. Inoltre, quando si parla di migliorare le relazioni con i clienti internazionali, ci sono ancora grossi ostacoli, frutto proprio dell’omologazione linguistica dei sistemi automatici di traduzione. In paesi con molte lingue ufficiali, come l’India, l’IA potrebbe non riconoscere adeguatamente accenti o lingue diverse dall’hindi e dall’inglese, limitando l’accessibilità e l’efficacia degli assistenti vocali per una parte significativa della popolazione.
Un possibile spazio comune europeo dei dati linguistici
Per affrontare la sfida di preservare la diversità linguistica nell’era digitale, l’Unione Europea ha avviato iniziative come ALT-EDIC, un consorzio dedicato allo sviluppo di un’infrastruttura digitale europea per le tecnologie linguistiche. Annunciato ufficialmente il 20 marzo 2025 dalla Commissione Europea, il progetto, costituito nel febbraio 2024, coinvolge 17 Stati membri e 9 regioni osservatrici. L’obiettivo è creare uno spazio comune europeo dei dati linguistici, migliorando la qualità dell’intelligenza artificiale multilingue e facilitando l’accesso a servizi IA in tutte le lingue dell’UE.
Grazie a questa iniziativa, si mira a sostenere le piccole e medie imprese, rafforzando la sovranità tecnologica europea e contribuendo alla preservazione del patrimonio linguistico e culturale dell’Unione. Inoltre, rappresenta un’opportunità unica per sviluppare tecnologie linguistiche inclusive, assicurando che nessuna lingua venga esclusa dal progresso digitale, o peggio ancora, cancellata.