
(di Katherine Puce) Di fronte alla crescente necessità di tutelare l’ambiente e la salute, molte aziende hanno investito in politiche sostenibili e adottato strategie ecologiche. Tuttavia, accanto a realtà realmente impegnate nella protezione dell’ambiente, esistono pratiche ingannevoli che mascherano un finto impegno “green”. Questo fenomeno è stato definito “greenwashing” dall’ambientalista Jay Westerveld nel 1986. Le prime forme di greenwashing risalgono già agli anni ‘60 e ‘70, quando diverse aziende, soprattutto nel settore petrolifero e chimico, iniziarono a promuovere un’immagine eco-friendly per distogliere l’attenzione dai loro reali impatti ambientali negativi.
L’impegno per l’ambiente come mezzo di profitto
Ancora il greenwashing come strategia di comunicazione ingannevole, oggi è una pratica diffusa. Secondo un rapporto dell’IBM Institute for Business Value, pubblicato a febbraio 2024, il 76% dei dirigenti considera la sostenibilità un elemento centrale della propria strategia aziendale. Tuttavia, molte aziende tendono a focalizzarsi più sulla compliance e sulla reportistica piuttosto che raggiungere i risultati promessi, tanto che lo studio evidenzia come la spesa per la rendicontazione sulla sostenibilità superi del 43% gli investimenti in innovazione sostenibile.
L’affermazione del Greenhushing
Ma una nuova tendenza li si è affiancata. Una comunicazione contraddittoria o ingannevole rappresenta un rischio significativo per le aziende che si impegnano in iniziative di sostenibilità, poiché può minare la loro credibilità e compromettere la fiducia di consumatori. Per questo sempre più aziende scelgono di non comunicare le proprie strategie green o comunicarne i progressi per evitare eventuali accuse di greenwashing. Il fenomeno è stato battezzato “greenhushing” nel 2008 dall’azienda di consulenza svizzera Treehugger.
Secondo il Transparency Index 2024, pubblicato da Transparency International, la percentuale di aziende statunitensi e britanniche che optano per questa strategia è quasi del 60%. Inoltre, secondo il Net Zero Report 2024 di South Pole, pubblicato a gennaio 2024, sebbene l’81% delle imprese riconosca che condividere gli obiettivi net zero possa avere un impatto positivo sui profitti, quasi la metà (44%) considera questa comunicazione più complessa rispetto al passato, a causa della scarsa chiarezza normativa e delle continue evoluzioni legislative.
Conseguenze per aziende e per l’ambiente
Nascondere informazioni sugli investimenti in politiche sostenibili può avere conseguenze negative sia per le aziende che per i consumatori. Le imprese rischiano di perdere opportunità di investimento, mentre i clienti potrebbero disaffezionarsi per la mancanza di trasparenza. Inoltre, non condividere conoscenze e best practice ostacola lo sviluppo del settore e rallenta i progressi nella tutela dell’ambiente.