
Il 21 gennaio 2025, Generali Investments Holding (nella foto, l’a. d. del gruppo Generali Philippe Donnet) e Natixis Investment Managers (NIM), controllato dal Groupe BPCE, hanno annunciato la costituzione di una joint venture strategica nel settore dell’asset management. L’operazione, che punta a creare un operatore con un totale di 1.900 miliardi di euro in masse gestite e ricavi di 4,1 miliardi di euro, segna un passo importante per il mercato europeo.
Nel dettaglio, Generali Investments Holding apporterà asset per oltre 600 miliardi di euro, mentre il contributo di NIM, tramite BPCE, ammonta a circa 1.300 miliardi di euro. La nuova entità, con sede legale ad Amsterdam – scelta per la sua neutralità – vedrà hub operativi in Italia, Francia e Stati Uniti, garantendo così una presenza internazionale equilibrata.
La struttura della joint venture prevede una governance condivisa in pari percentuale, con ciascuna delle due istituzioni che deterrà il 50% del capitale. Il Consiglio di Amministrazione sarà composto da sei membri designati da Generali e sei da NIM, integrati da tre consiglieri indipendenti individuati congiuntamente. L’attuale CEO di Generali Investments Holding sarà nominato CEO della nuova entità per un mandato iniziale di 5 anni, automaticamente rinnovabile per ulteriori 5 anni se i risultati rispetteranno il piano industriale.
L’operazione include anche l’iniezione di un capitale di avviamento, definito “Seed money”, pari a 15 miliardi di euro da parte di Generali nei primi cinque anni, destinati a finanziare nuove iniziative e strategie di investimento, in particolare nel settore degli investimenti alternativi e private markets. Attualmente, il Seed money di Generali ammonta a circa 20 miliardi di euro, con ulteriori investimenti previsti per un totale di 5 miliardi nel 2025, a prescindere dall’operazione con NIM.
Tra le sinergie attese, sono state identificate opportunità di ricavi ed efficienze operative pari a 210 milioni di euro annui prima delle imposte, derivanti da migliori strategie di cross-selling, risparmi centralizzati in procurement, IT e gestione dei dati, e dalla riduzione degli oneri di costo attraverso benefici di scala. L’operazione dovrebbe avere un impatto netto positivo sull’utile rettificato, superando i 50 milioni di euro a partire dal 2028, e arrivando a oltre 125 milioni di euro annui dal 2030, una volta completati gli investimenti di integrazione e consolidate le sinergie.
Sul fronte fiscale, non è previsto un trasferimento di valore fuori dall’Italia; tuttavia, l’introduzione di un ulteriore livello societario potrebbe comportare una maggiore tassazione dei dividendi. Gli effetti, però, rimarranno contenuti grazie all’incremento dei dividendi derivanti dalla creazione di valore della joint venture, stimato in un profitto netto di realizzo attorno a 1 miliardo di euro, conforme allo IAS 28.
Infine, la procedura di costituzione prevede la sottoscrizione di un memorandum d’intesa (MoU), che regola la fase iniziale di consultazione degli organi di rappresentanza dei dipendenti di entrambe le parti. Tale MoU, corredato da clausole di esclusiva e da una “material adverse effect clause”, stabilisce anche il pagamento di una break-up fee di 50 milioni di euro, a tutela degli investimenti sostenuti nel processo di negoziazione.
Questa operazione rappresenta non solo un’importante opportunità per rafforzare la posizione competitiva di Generali nel settore dell’asset management, ma anche un modello di integrazione che mira a creare valore attraverso sinergie operative, investimenti mirati e una governance condivisa di alto livello.