(di Tiziano Rapanà) In un mondo cui sembrano dominare le tute gold e dunque la propensione all’intrattenimento, è bello vedere furoreggiare nell’opinione pubblica Fulvio Abbate e la sua presenza felicemente anomala e lontana da ogni barriera dettata dallo stereotipo. Non sta nella dozzina del Premio Strega, ma alla fine si parla sempre di lui e del suo Lo Stemma che ha visto il sole del successo anche al Maxxi di Roma, giusto qualche giorno fa. Le cose stanno così, non c’è la sorpresa e il colpo di scena liberatore, ma poco importa. È comunque Fulvio Abbate il vincitore morale del Premio Strega, perché ha fatto parlare di sé e ha costretto gli altri a parlare della sua opera, del suo gesto di rottura (un’autocandidatura non accettata, poi entrato in gara grazie a Sandra Petrignani). In bocca al lupo ai dodici sfidanti e al possibile vincitore di questa edizione, sapranno farsi valere e in questi mesi i lettori scopriranno con più curiosità le loro parole. Ma è Fulvio Abbate lo scrittore che si ricorderà nel frame emozionale che sancisce la copertina dell’ideale annuario che fotografa i momenti salienti del Premio Strega 2024. Il resto è competizione, confronto tra stili e mondi letterari e rinnovo il mio “in bocca al lupo” ai partecipanti, tuttavia Abbate si è mosso in un modo che si farà ricordare negli anni. Futurista? Patafisico? Non è il caso di ingabbiarlo nel dramma della corrente, dell’ideologia, semplicemente è stato sé stesso.