Il vento è in poppa… «Se penso al nostro portafoglio ordini rispetto allo scorso, in crescita del 23%, o al margine operativo lordo in aumento del 60%, vedo che viaggiamo spediti». Pierroberto Folgiero ha preso in mano il timone di Fincantieri a maggio di due anni fa. Da appassionato velista è competitivo, orientato al risultato e va veloce. A poco più di un anno dalla presentazione del piano industriale del gruppo della cantieristica navale, il più grande al mondo, il manager fa il punto. «La Fincantieri che ho in mente è una società che abbia almeno il 3% di profit margin, perché un’azienda che guadagna e che dà un ritorno agli azionisti è a prova di futuro». Il ceo ribadisce i target fissati a maggio di un anno fa al capital market day quando ha confermato un ebitda margin del 7% nel 2025 e dell’8% nel 2027.
A breve comunicherete i risultati del 2023. A che punto è il gruppo?
«Partiamo da Vard, la nostra controllata norvegese che ha cantieri anche in Romania, Brasile e Vietnam, che ha da poco acquisito in soli dieci giorni lavori per tre grandi navi posa-cavi — una è la “Monna Lisa” ordinata da Prysmian —, per oltre 700 milioni di euro. Passando alla crocieristica, penso alle due navi a idrogeno ordinate da Msc per il brand di lusso Explora Journeys per un valore di circa un miliardo, o alla commessa per Four Seasons, confermando la visione espressa nel piano industriale che ne indicava la ripartenza. Anche nel militare continuiamo ad acquisire ordini: ne abbiamo ottenuti sei, tra i quali sottomarini e fregate, nei primi nove mesi del 2023 confermando una accelerazione nel settore difesa. Con queste operazioni abbiamo allungato la visibilità del fatturato di un comparto strategico e confermato le aspettative. Il core business conferma, insomma, il piano e getta una luce positiva anche sull’andamento del 2024. La crescita sostenuta è il segno di un trend di progressione della cantieristica. Presenteremo i conti del 2023 che saranno approvati dal cda a metà marzo e confermeranno il trend positivo».
Qualche numero?
«Ne 2023 abbiamo messo a segno nuovi ordini per circa 6 miliardi di euro, in crescita a doppia cifra rispetto all’anno precedente, portando il portafoglio totale a 22 miliardi. Di questi 6 miliardi, circa 4 si riferiscono alla cantieristica, che comprende difesa e crociere, 1,5 miliardi all’offshore e alle navi da lavoro. Sul militare abbiamo portato a casa sei ordini, confermando le assunzioni del piano. I numeri ci forniscono evidenze incoraggianti».
In parallelo avete lanciato una strategia sul business subacqueo…
«Il punto di partenza è che mentre facciamo le navi, ci preoccupiamo di occupare lo spazio attorno a queste, anticipando un macrotrend e posizionando Fincantieri con un ruolo di traino in un dominio molto rilevante come era lo spazio 40 anni fa, progettando una nuova filiera in cui l’Italia ha le caratteristiche per giocare un ruolo centrale anche a livello europeo. Si tratta di disegnare una specifica politica industriale dell’Italia che ha infatti lanciato il polo nazionale della subacquea che ha sede in Liguria, a guida della Marina Militare. C’è un nucleo di competenze nella nostra esperienza. Fincantieri ha costruito dall’inizio del ‘900, 180 sommergibili e negli ultimi 25 anni ha spinto sull’innovazione tecnologica in questo mondo, creando una base di competenze».
Quanto vale questo mercato?
«Potenzialmente 400 miliardi a livello mondiale nei prossimi 6 anni, secondo le nostre stime. È la spesa prevista nella subacquea tra energia e tlc, oltre al militare. Quindi c’è moltissimo spazio. Se andassimo sotto il mare oggi incontreremmo un sommergibile della Marina, ma anche le attività subacquee nei campi petroliferi subsea. I due motori delle competenze subacquee sono infatti quello militare ed energetico civile ad alta complessità, che gestisce le “teste pozzo” con operazioni in cui gli italiani sono da sempre un’eccellenza. L’acquisizione a dicembre dell’italiana Remazel Engineering va in questa direzione. È un’azienda di ingegneri con esperienze nell’oil & gas subsea. vogliamo lavorare per espandere queste competenze per innovare e fornire soluzioni per i futuri mercati del underwater, che partono dalla validazione in ambito militare e che poi si espandono in applicazioni civili. Si integra, insomma, quello che c’è nei due settori. Ad esempio, molto importanti saranno le applicazioni per il monitoraggio e sicurezza dei cavidotti e infrastrutture tlc sottomarine. Il Mediterraneo è in questo senso il più popolato e in prospettiva geopolitica lo sarà di più: penso per esempio ai cavi Google. Poi c’è l’esplorazione dei fondali, sempre più strategica, anche per presidiare la ricerca di minerali rari come il litio. Il mare è più vicino dello spazio e può risolvere i problemi del futuro, come l’acquacoltura».
Vede altre acquisizioni?
«Fincantieri ha mappato chi c’è nell’ecosistema della subacquea e può svolgere il ruolo di consolidatore e acceleratore di tale dominio. Proprio in questo quadro si inseriscono gli accordi che abbiamo firmato con Leonardo per sviluppare sistemi di protezione delle infrastrutture critiche sottomarine, inclusi i droni subacquei. Poi c’è stata l’intesa con Cabi Cattaneo che realizza da sempre mezzi subacquei per le Forze speciali della Marina Militare. Ma anche con un’altra serie di player come WSense che è leader nelle coperture per le tlc per le reti sottomarine. Lavoriamo con tutti gli attori per disegnare la roadmap e realizzarla. Tutto questo non finisce in Italia ma ha una dimensione europea».
Anche Leonardo persegue una politica di alleanze nel suo settore..
«Come per costruire un carrarmato sono strategiche le alleanze, anche per il subsea è necessario un co-sviluppo, nella subacquea possiamo scrivere su un foglio bianco. È un esercizio di progettazione per il futuro».
Guardate sempre a ThyssenKrupp Marine in Germania? Ce la farete o entrerà lo Stato tedesco?
«Siamo loro partner commerciali da 25 anni e con loro abbiamo sviluppato un sommergibile a idrogeno, un’alternativa al nucleare. Valutiamo tutte le opzioni strategiche, fin qui ci siamo proposti come compagni di viaggio e ci siamo resi disponibili ai loro progetti più importanti».
Com’è la Fincantieri che vorrebbe?
«Un gruppo capace di innovare sia in ambito industriale che in ambito di responsabilità sociale e che crea valore per gli azionisti».
Daniela Polizzi, corriere.it