(di Tiziano Rapanà) Il Brunello di Montalcino, il vino che è parte della bandiera enogastronomica toscana, va forte negli Stati Uniti. Nonostante le sfide del mercato, il Brunello ha fatto un bel balzo del 10% nei consumi nell’ultimo anno. E guardate un po’, nelle zone del Midwest ha addirittura tirato fuori un +42% e nelle regioni del Sud e dell’Ovest degli Stati Uniti sta superando la media. I numeri arrivano da un’indagine fatta dall’Osservatorio del vino Uiv per conto del Consorzio Brunello di Montalcino, usando un sistema chiamato SipSource che guarda a oltre 330.000 locali, tra quelli dove si beve e quelli dove si compra. In un contesto che vede i consumi totali di vino (anche italiano) in declino, il Brunello di Montalcino si conferma tra le poche eccellenze in crescita. La tendenza positiva si estende anche ad altri vini di lusso come la Beaune, il Bordeaux Superiore, il Barolo e i rossi della Ava californiana Oakville, dimostrando che il segmento del lusso può mantenere una sua robustezza anche in periodi difficili.
L’analisi rivela un’accelerazione della crescita nei 12 mesi considerati, sia nel circuito retail, con particolare rilievo nei grossisti e nei liquor store, che nel fuori casa. Quest’ultimo canale, ad alto valore aggiunto, vede il Brunello raggiungere una quota del 50% sul volume delle vendite, superando di gran lunga la media dei vini rossi italiani. Nella ristorazione, il prezzo al dettaglio del Brunello toscano supera i 50 dollari a bottiglia nel 91% dei casi, arrivando al 73,5% se si considerano le vendite totali su tutti i canali. Fabrizio Bindocci, il presidente del Consorzio del Brunello, è più che soddisfatto: “Al di là dei trend di mercato, che possono subire variazioni congiunturali, siamo molto soddisfatti soprattutto del posizionamento negli Stati Uniti del nostro vino di punta. Un mercato che siamo riusciti a coltivare in modo attento e certosino, grazie anche al lavoro di importanti imprese pioniere, che hanno aperto la strada alla new wave produttiva. Un modello, da perseguire nell’approccio a piazze emergenti come quelle orientali, su cui le potenzialità rimangono enormi”.