
L’Italia è un Paese talvolta inconsapevole. Sul fronte dell’energia cosa è accaduto senza che ce ne accorgessimo?
«In Italia assistiamo a un fenomeno che tra qualche anno si osserverà in altri paesi. Nel 2022 qualcosa — spiega l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace — è esploso sotto i nostri occhi: sono stati realizzati 210 mila impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici. In tutto ci sono sui tetti più di un milione di impianti e nel 2023 ne saranno realizzati altri 300 mila. Tutto ciò indica che gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 sono raggiungibili. Questa forma di sviluppo distribuito delle rinnovabili è possibile anche grazie alla nostra rete a bassa e media tensione totalmente digitalizzata».
In un mercato strategico come quello dell’energia serve un campione europeo analogo, per esempio, a Airbus nell’aeronautica?
«Osservando il destino delle compagnie telefoniche europee è evidente come, ormai, siano fuori scala rispetto ai giganti statunitensi. Quindi la ripresa di una crescita a livello europeo, su cui Enel è molto avanti, è un tema importante e merita più di una riflessione, con un’avvertenza».
Quale?
«L’energia richiede grandi investimenti e la scala dimensionale resta un fattore chiave per essere efficienti. Noi però siamo reduci da scelte di politica energetica che hanno imposto un dimagrimento agli ex monopolisti. La legge Bersani ha imposto a Enel di cedere parte dell’attività generazione per effetto della legge Bersani. I limiti introdotti per avviare la concorrenza dovranno essere ripensati e spostati dai livelli nazionali all’Europa. Ripetere la cura dimagrante imposta a Enel in Italia sarebbe un’ulteriore prova di autolesionismo».
È stato un inverno mite e chi prefigurava una crisi energetica è stato smentito. Ora quale scenario è ragionevole attendersi?
«L’inverno mite ha aiutato. Ma la vera scoperta sono stati gli sprechi individuati nell’utilizzo di gas, un vero e proprio giacimento all’interno dei nostri consumi. Un fattore che ci ha consentito di arrivare alla primavera con gli stoccaggi meno vuoti del previsto. Nel frattempo, gli accordi con vari Paesi per l’aumento delle forniture di gas e l’avvio dei rigassificatori dovrebbero consentire di riempire gli stoccaggi per il prossimo inverno. Si aggiunga che nel 2022 l’Europa ha installato circa 56000 Mw di rinnovabili che già quest’anno contribuiscono con circa 110 terawattora di energia elettrica, riducendo così il fabbisogno europeo di gas di 22 miliardi di metri cubi. Nei prossimi anni si deve immaginare un passo simile se non superiore. Ci sono quindi le condizioni per superare la crisi innescata con la guerra Ucraina».
Qual è il dato che nel 2022 connota l’attività di Enel?
«Uno in particolare: tutti i principali obiettivi del nostro piano sono stati raggiunti, nonostante un contesto molto peggiore del previsto. Nello stesso periodo si sono sommati la crisi del nucleare francese, la straordinaria siccità che ha ridotto la produzione idroelettrica, e ,infine, lo sconvolgimento dei prezzi del gas, che sono decuplicati. Nonostante la tempesta perfetta, abbiamo centrato gli obiettivi del piano su ebitda, redditività e, sottolineo, sull’indebitamento».
Nel piano strategico figurano dismissioni pari a 21 miliardi. Perché Enel vende?
«Le vendite sono la conclusione di un percorso iniziato nel 2014 in due diverse aree: il fronte orientale europeo e quello sud americano. Nel primo caso abbiamo lasciato i mercati di Slovacchia, Russia e Romania perché non c’erano prospettive di crescita. Mentre in Sud America abbiamo avviato le vendite nei paesi che non ritenevamo strategici, ossia Perù e Argentina. Ricordo che tutte queste operazioni erano predisposte da tempo e sono state rallentate dalla pandemia: il piano di dismissioni è di questa entità perché risente di due anni di stop».
Avete annunciato 37 miliardi di investimenti. A cosa serviranno?
«A tenere in efficienza i nostri tanti asset e a proseguire la crescita. Saranno indirizzati per circa il 45% sulle reti e un ulteriore 45% sarà destinato all’attività di generazione nelle rinnovabili. Il restante 10% andrà alle attività relative ai clienti come, per esempio, pompe di calore, batterie e così via. In Italia investiremo 6 miliardi all’anno per un triennio, il 40% in più del passato».
Enel conta 500 mila punti di ricarica per veicoli elettrici, dovranno diventare 1,4 milioni nel 2025. Una media di oltre 800 punti di ricarica al giorno per tre anni consecutivi è fattibile?
«Quel dato considera sia i punti di ricarica pubblici lungo le strade, sia quelli privati. Intendo dire che questi ultimi sono meno visibili: nessuno nota i punti di ricarica forniti a chi ha comprato un’auto elettrica. Su Amazon negli Stati Uniti siamo in testa alla classifica di vendite dei punti i ricarica, quel dato di 1,4 milioni è perciò raggiungibile».
Perché il Net Zero Industry Act di Bruxelles è cruciale?
«È un forte atto di indirizzo comunitario fondato su sicurezza energetica e sul processo di decarbonizzazione, con tanto di risorse per chi investe nel settore, a condizione che centri alcuni obiettivi, come riportare la produzione di pannelli solari in Europa. Tutto questo è un’opportunità per l’Italia, dove abbiamo grande capacità manifatturiera e innovativa».
In Sicilia state realizzando la più grande fabbrica di pannelli fotovoltaici d’Europa.
«In Sicilia disponiamo di una tecnologia molto competitiva grazie anche a tecnici e ingegneri rientrati dopo anni trascorsi all’estero. L’obiettivo è spingere l’innovazione sul fronte dei pannelli solari,superando la visione superficiale che i cinesi siano i più bravi a innovare in questo campo».
Come arrivare alla mobilità elettrica, alla scadenza del 2035, evitando contraccolpi?
«Alla fine è una faccenda di buon senso: sapere in anticipo quale scenario ci attende è un vantaggio. L’indicazione dei tempi e delle modalità di riconversione del mestiere dei costruttori di auto mi sembra un elemento di chiarezza, benché per alcune parti dell’industria sia seriamente preoccupante, meno senso ha condurre battaglie ideologiche in un senso o nell’altro».
Ora anche Poste Italiane vende luce e gas. È sana concorrenza o un’invasione di campo?
«La ritengo sana concorrenza. Tra l’altro è meglio che a farlo sia Poste, piuttosto che operatori finanziariamente gracili, che quando falliscono creano problemi ai clienti».
Non le sarò sfuggito il susseguirsi di voci sui candidati alla sua successione. Cosa si augura?
«Enel è la più grande società italiana per capitalizzazione e uno dei più grandi operatori nell’energia del mondo. È anche la società che prima e meglio di altri ha definito e implementato una strategia in linea con l’evoluzione dei mercati energetici. Mi auguro che si parta da questa consapevolezza: chiunque la guidi deve essere in grado di giocare i campionati mondiali.
Andrea Ducci e Daniele Manca, corriere.it