
Calano i consumatori di prodotti culturali, ma aumenta la spesa media. I consumi generali della cultura sono infatti in generale ripresa, ma ancora sotto il livello pre pandemia. È quanto emerge dal decimo report dell’Osservatorio longitudinale sui consumi culturali degli Italiani di Impresa Cultura Italia-Confcommercio, in collaborazione con Swg, presentato a Milano presso la Fondazione Rovati e riferito al mese di dicembre 2022. Le scelte sui consumi culturali sono fortemente condizionate dalla situazione economica famigliare. Per le famiglie che vivono una situazione economica con molte difficoltà la riduzione della spesa nell’ambito culturale generale è del 44 per cento, a fronte delle famiglie in una condizione più agiata per cui si registra una riduzione del 25 per cento. In particolare, per quanto riguarda i consumi culturali, il 14% del campione afferma di non spendere denaro, mentre, tra chi spende denaro, il 39% dichiara di avere ridotto la spesa, a fronte di un 17% che l’ha aumentata o in virtù del rialzo dei prezzi o per una specifica scelta di aumento di questo tipo di consumi.Rispetto allo scorso anno è in calo la proiezione dei consumi futuri, con l’eccezione di riviste, quotidiani (+ 1%)e concerti dal vivo (stabili al 14%). Rispetto a dicembre 2021 c’è stata un aumento della spesa media. Nello specifico è aumentata la partecipazione ai concerti dal vivo con una spesa maggiore di 28,1 euro , ai festival culturali 9,7 euro o visite a mostre e musei di 8,7 euro. Riccardo Grassi, head of research SWG ha dichiarato come “le indagini hanno mostrato l’evoluzione in questi 3 anni di consumi culturali che hanno davvero modificato l’approccio del pubblico a tutti i beni culturali con grandi cambiamenti da un anno all’altro. C’è stato l’anno del boom delle piattaforme, mentre oggi c’è il ritorno allo spettacolo dal vivo visto come un’esperienza immersiva che è mancata molto. Stiamo osservando – continua Grassi – anche una grande stratificazione dei pubblici: uno più abituato al consumo culturale che è tornato a spendere e a consumare più di prima in maniera eterogenea e un pubblico meno abituato al consumo culturale che ha ridotto i propri consumi per far fronte alla crisi. Abbiamo quindi una forte divaricazione dei consumi che si riflette anche a livello nazionale nei vari territori”. Secondo il report quindi diminuiscono i consumatori, ma aumenta la spesa media dei consumatori di prodotti culturali. Così come aumenta la partecipazione agli spettacoli dal vivo. Rimangono stabili invece i rapporti tra consumi digitali e fisici per libri, quotidiani e riviste. Restano invece stabili rispetto al dicembre 2021 le quote di lettori, sia in cartaceo (ancora ampiamente prevalente con 53%) che in digitale. La fruizione dei quotidiani resta legata in maggioranza all’utilizzo delle edizioni.Piero Fiechter, fondatore di Libraccio parla di “panorama positivo per il mondo dell’editoria soprattutto per quanto riguarda ricavi e vendite”. L’Italia afferma “è al quarto posto per fruizione e vendite di libri dopo Germania Inghilterra e Francia, siamo sesti al mondo, sopra solamente Usa e Cina. La situazione per quanto possa sembrare positiva è in verità drammatica. La Nutella vende tre volte rispetto a tutto il comparto editoriale italiano. Il 30 per cento dei libri viene venduto in Lombardia, una delle regioni più ricche, il 25 per cento tra Piemonte e Lazio e il resto diviso nelle altre regioni, ci sono regioni con cittadine da 250mila abitanti senza librerie. Questo è un dato su cui le istituzioni dovrebbero lavorare. L’Ebook ha toccato al massimo il 5 per cento delle vendite e ora è in calo del 10 per cento. Grandissima parte di ebook è per scopo lavorativo, pochissimi scaricano i romanzi”. È chiaro quindi che l’offerta culturale risente di differenze territoriali molto importanti. Il 64% dei più soddisfatti risiede nei centri con più di 100.000 abitanti e il 48% nel Nord Italia.
“Sulla differenza nord-sud – spiega Carlo Fontana, Presidente di Impresa Cultura Italia – non ho una ricetta, è una cosa annosa purtroppo. È chiaro che la forbice che si allarga non può non suscitare preoccupazione e sarebbe opportuno che la politica se ne occupasse. Non penso tanto allo stato, ma agli enti territoriali, comuni e regioni. Secondo me questo è un compito di chi opera sul territorio”. “L’offerta culturale – ha poi aggiunto Grassi – anche a livello territoriale è molto diversa: è più bassa dove la domanda è più bassa. C’è proprio da fare un intervento più complesso che aiuti a rivedere la cultura come un modo di vivere la città, di fare esperienza, di rilanciare la qualità dello stare insieme”. Nonostante una leggera ripresa post pandemia, Carlo Fontana, parlando del comparto del cinema ha dichiarato che “non va più promosso il film, ma il cinema in quanto tale. I dati drammatici evidenziano la differenza tra persone abbienti e meno abbienti. In merito alla differenza tra Nord e Sud abbiamo due proposte: tutte le istituzioni culturali devono dare priorità alla formazione dei giovani. Secondo, non è una proposta direttamente su confcommercio, dobbiamo aprire un contenzioso in politica perché la cultura venga fiscalizzata, deve venire riconosciuta questa medicina dell’anima. Quello che va combattuto oggi in tutti i settori è la tendenza all’assistenzialismo che toglie la capacità di impresa senza la quale non si riesce ad essere creativi”.
Piera Detassis, presidente e direttrice artistica della Fondazione Accademia del cinema italiano ha poi ribadito come “le sale devono essere un luogo straordinario, accogliente, flessibile e pronte a cambiare i propri modelli. Le sale devono essere pronte a ridiventare condivisone per tutti. Non si devono comunicare le singole opere perche quelle hanno i propri strumenti. Bisogna però comunicare bene perché c’è troppa confusione anche tra sala e prodotti disponibili nelle sale e nelle piattaforme, la gente si confonde. Non c’è tempo di costruire respiro intorno ai film e bisogna comunicare soprattutto che la forza del cinema deve risiedere nella sue narrazione. Non è il cinema in crisi è in crisi la visione in sala”. Per quanto riguarda il teatro, a fronte della sostanziale stabilità del dato sulla fruizione dal vivo (35%), continua la riduzione della fruizione teatrale via TV (-7% rispetto a dicembre 2021). Lo stesso accade per opera, balletti e concerti di musica classica in televisione (-7% rispetto allo stesso mese del 2021). Riprende la partecipazione a concerti di musica leggera dal vivo (+7%) e al contempo si stabilizza la loro fruizione in streaming. Anche per gli eventi culturali, si conferma la decrescita della fruizione a distanza (in un anno -6%). Rispetto al 2021, aumenta la quota di chi vuole assistere dal vivo agli spettacoli, in particolare per il teatro di prosa (+9%).