L’immunità combinata dell’infezione naturale da coronavirus e quella prodotta dalla vaccinazione, chiamata “immunità ibrida”, offre una maggiore protezione contro la malattia, secondo un ampio studio pubblicato sulla rivista “Lancet Infectious Diseases”, a firma di un gruppo di studiosi guidati da un team dell’University of Toronto e dell’University of Calgary, con la collaborazione – tra le altre istituzioni – dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un anno dopo aver sviluppato l’immunità ibrida, una persona ha fino al 95 per cento in meno di probabilità di contrarre la forma grave o di dover essere ricoverata in ospedale per l’infezione. A un anno dal contagio di una persona non vaccinata la percentuale scende al 75 per cento. Secondo lo studio, la protezione contro la reinfezione è inferiore a quella contro la malattia grave, sebbene pure in questo caso rilevante. Le persone con immunità ibrida hanno una probabilità inferiore del 42 per cento di essere reinfettati un anno dopo. Coloro che sono stati infettati senza vaccinazione hanno una probabilità inferiore del 25 per cento di reinfezione. L’aumento globale della variante Omicron, ha portato a molti individui con l’immunità ibrida, sviluppata attraverso una combinazione di infezione da SARS-CoV-2 e vaccinazione. I ricercatori hanno esaminato la letteratura scientifica con l’obiettivo di misurare l’entità e la durata dell’efficacia protettiva dell’immunità ibrida contro la reinfezione e la malattia grave causata dalla variante. Gli esperti hanno esaminato studi con diverse metodologie disponibili in vari portali di pubblicazioni scientifiche e database internazionali, coprendo il periodo dal primo gennaio 2020 al primo giugno 2022. Sono stati inclusi 11 studi che si occupavano dell’efficacia protettiva della precedente infezione da SARS-CoV-2 e 15 studi che si occupavano dell’efficacia protettiva dell’immunità ibrida. L’ efficacia di una precedente infezione contro il ricovero ospedaliero o una malattia grave è risultata essere del 74,6 per cento a 12 mesi . L’ efficacia della precedente infezione contro la reinfezione è diminuita al 24,7 per cento a 12 mesi. L’efficacia dell’immunità ibrida contro il ricovero ospedaliero o la malattia grave è stata del 97,4 per cento a 12 mesi. Contro la reinfezione, l’ efficacia dell’immunità ibrida dopo la vaccinazione primaria è scesa al 41,8 per cento a 12 mesi. “Tutte le stime di protezione diminuiscono con il tempo contro la reinfezione, ma sono rimaste alte e sostenute per il ricovero ospedaliero o la malattia grave. I soggetti con immunità ibrida hanno avuto il più alto livello e la più lunga durata della protezione e, di conseguenza, possono prolungare il periodo prima che siano necessarie le vaccinazioni di richiamo rispetto ai soggetti che non sono mai stati infettati”, affermano gli autori nel documento.