“La guerra ce la sogniamo anche la notte, almeno a me accade questo. Ma dobbiamo andare avanti. Dobbiamo riportare le filiere produttive in Europa e sviluppare l’energia pulita sul nostro territorio”. Il re dei divani ora si occupa anche di rinnovabili. Pasquale Natuzzi, l’uomo che partito da un piccolo laboratorio nel 1959 è riuscito a creare un impero nel settore del mobile presente in 120 Paesi con oltre 1.200 punti vendita nel mondo, la metà dei quali monomarca, e un fatturato da 311 milioni di euro nei primi 9 mesi del 2021) mette in guardia sul rischio che troppi progetti eolici e fotovoltaici restino solo sulla carta. Accompagnato dal direttore risorse umane Mario De Gennaro, il fondatore del gruppo di Santeramo in Colle (uno dei pochi in Italia ad essere quotato nella Borsa di New York) si conferma sempre un fiume in piena travolgente di energia e di idee.
Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha dichiarato che conviene produrre in Italia. Che ne pensa?
“Dipende da cosa dobbiamo produrre. Immagino che le aziende che producono pasta abbiano un po’ di problemi, visto che il granaio del mondo è in guerra. Certamente il terremoto che sta accadendo non è partito il 24 febbraio scorso, quando è cominciata la guerra. Per quanto ci riguarda i problemi per molte imprese sono iniziati nel 2019”.
Perché?
“Perché in quel momento l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato guerra alla Cina, mettendo i dazi su tutti i prodotti che si importavano. Questo ha aperto una escalation di rivendicazioni e di problemi durati per tutto il periodo pandemico e oltre, fino a oggi. Le dico un’altra cosa”.
Prego.
“Intanto l’Asia, con la Cina in primis, è diventata la fabbrica del mondo. Se i componenti non arrivano dalla Cina le fabbriche si fermano, non c’è nulla da fare. È quello che sta accadendo ed è un problema serio. A questo si aggiunga il costo dei trasporti che il più delle volte supera addirittura il valore delle merci da trasportare. E arrivano con estremo ritardo, mettendo in difficoltà i piani di lavoro che abbiamo nelle fabbriche del settore, costrette a fermi di produzione”.
Cosa fare allora?
“Bisogna rivedere la supply chain, la filiera. Produrre quanto più possibile localmente o nelle vicinanze. E noi lo stiamo facendo. Ma non è facile cambiare fornitori”.
Come vede la situazione economica in questo momento, tra pandemia e guerra in Ucraina?
“Stiamo vivendo una crisi della fiducia dei consumatori che è ai minimi storici. Con l’aumento della benzina e l’aumento del costo della vita, i beni durevoli sono penalizzati. La gente non entra nei negozi e resta collegata alle televisioni per vedere cosa accadrà. Siamo in una fase di totale ripensamento”.
La guerra in Est Europa è un problema logistico anche per la vostra fabbrica in Romania?
“Ma certo perché per far produrre quella fabbrica noi spediamo prodotti attraverso il Mar Nero, proprio dove c’è la guerra. Poi ci sono le navi che non partono e i magazzini intasati. I problemi sono tantissimi”.
Adesso state spostando delle produzioni di divani dalla Romania alla Puglia.
“Facciamo fronte alla nostra responsabilità sociale. Ma realizzare in Italia queste produzioni, che vendiamo in Divani&Divani, ha una differenza di costo del 27 per cento”.
Di cosa ha bisogno Natuzzi per essere sostenuta in questa decisione?
“Lo dico chiaro: costo del lavoro. Quello che prendono gli operai è pochissimo, non arrivano neanche a fine mese. Ma il costo del lavoro è elevato. In un momento difficile come questo poter ridurre almeno il costo degli oneri sociali aiuterebbe lo sviluppo di nuove imprese e porterebbe a un reshoring importante dall’Asia. Negli anni Ottanta l’esenzione degli oneri sociali è stata una mossa incredibile dei governi di allora. Questa è una soluzione che secondo me l’ottimo presidente Draghi dovrebbe considerare. Ma voglio aprire un altro tema”.
Quale?
“Sarebbe necessario favorire l’energia pulita sul nostro territorio. Le dico che avevamo un terreno a Santeramo in Colle che abbiamo ceduto a una società internazionale tedesca con la quale abbiamo costituito una partnership. L’obiettivo era quello di realizzare un impianto fotovoltaico da 40 Megawatt. Un impianto che ci renderebbe autonomi dal punto di vista energetico, rendendo molto più competitive le nostre fabbriche”.
E cosa è successo?
“Abbiamo depositato un’istanza già da più di un anno, ma c’è una valutazione negativa legata a dei vincoli paesaggistici. Peccato che parliamo di un progetto in un’area industriale. Sto cercando di incontrare il presidente della Regione Michele Emiliano per sensibilizzarlo su questo problema”.
Torniamo ai divani. Il nuovo piano industriale dovrebbe essere realizzato negli stabilimenti di Lamartella, Jesce, Laterza, ma anche Ginosa e Graviscella. È così?
“Confermo, noi abbiamo fatto un piano a cinque anni. Questo piano prevede l’apertura di uno stabilimento ad Altamura che abbiamo già fatto negli ultimi sette mesi. Uno stabilimento di nuovissima generazione, totalmente digitalizzato, di cui siamo orgogliosi. Una fabbrica in cui sono impiegati, seppur a rotazione, 450 dipendenti che avevamo in cassa integrazione da tantissimi anni. Abbiamo previsto anche un ulteriore investimento a Santeramo per realizzare una scuola di formazione. Una scuola a tutti gli effetti. Per febbraio del prossimo anno riapriremo Ginosa. E poi dobbiamo ristrutturare anche i vecchi stabilimenti”.
Perché?
“Perché negli ultimi 20 anni abbiamo investito sulla marca. Abbiamo trasformato una fabbrica di divani a prezzi democratici in “un lifestyle brand” attraverso il quale comunichiamo la Puglia nel mondo. Nel nostro negozio pilota entri e sei in Valle d’Itria. E questa è una sensazione che si può provare nei negozi monomarca a Shanghai come a Dallas”.
Sblocchiamo un ricordo: 14 novembre del 1994, una visita degli allora ministri Tatarella e Pagliarini nello stabilimento di Santeramo. Lei disse con orgoglio: “Nel nostro settore siamo diventati i più grandi artigiani al mondo”. È ancora così?
“Ricordo che allora i giornali dicevano che Natuzzi aveva messo a sedere l’America. Ora abbiamo messo a sedere la Cina e il mondo intero”.
Antonello Cassano, Repubblica.it