“L’impatto della guerra in Ucraina, tra mancate esportazioni verso la Russia e aumento dei costi sulle materie prime e l’energia, può produrre un risultato negativo sul Pil della Toscana tra l’1,5 ed il 2% nel prossimo quadriennio. Un impatto che rischia di essere sottostimato nel caso in cui non si arrivasse ad una rapida conclusione del conflitto”. A lanciare l’allarme è il presidente nazionale dell’Istituto di ricerche economiche e sociali (Ires), Gianfranco Francese, in occasione della presentazione del report sull’economia toscana in collaborazione con la Cgil regionale ‘Finché c’è guerra…non c’è speranza, gelata sulla ripresa’. Il prolungarsi della fase bellica, infatti, per Francese potrebbe avere “conseguenze disastrose” sull’occupazione regionale: “Non sarebbe eccessivo tornare ad evocare il rischio della perdita di 100.000 posti di lavoro come effetto dell’impatto dei fattori negativi sulle filiere industriali e sui ridimensionati volumi di flussi turistici”. Per la segretaria regionale della Cgil, Dalida Angelini, “quello che sta avvenendo, tra pandemia, guerra, inflazione e rincari, non può ricadere su lavoratori e pensionati, che hanno già dato” per questo “si deve trovare il modo di riconoscere risorse a chi lavora e chi è in pensione, è la strada per tenere e far ripartire i consumi”.
Nel report elaborato da Ires si sottolinea l’improvviso cambio di tendenza per il 2022: fino a metà febbraio era prevista una crescita del Pil toscano del 3,9% che è stata ridimensionata dalla guerra fino al 3,3%, con una perdita dell’0,6%. “Siamo ancora dentro la pandemia e in uno scenario di guerra – analizza il presidente dell’Ires – sono gelate le ipotesi di ripresa”. A preoccupare non è tanto il blocco dell’export verso la Russia, nel 2020 stimato sui 100 milioni di euro, quanto l’aumento dei costi energetici e delle materie prime per imprese e famiglie. Il protrarsi delle crisi potrebbe infatti ridurre gradualmente la crescita economica della Toscana: le stime parlano di un calo al 2,5% nel 2023, 1,6% nel 2024 e infine 1,3 nel 2025, con una perdita cumulata di oltre un punto percentuale e mezzo nell’arco dei prossimi quattro anni. Uno scenario ben diverso rispetto a quanto registrato nel quadro congiunturale 2021 con la Toscana, si legge, “capace di esprimere una performance positiva del Pil pari al 6,5%, superiore al dato medio nazionale” e dotata “una forte ripresa delle esportazioni con un importante saldo positivo del +15% che ha riguardato tutti i macrocomparti dell’economia regionale”. Per quanto riguarda il mercato del lavoro lo studio Ires evidenzia una crescita della disoccupazione (+12%) dopo l’anomala diminuzione del 2020 (-1,4%) mentre in parallelo diminuiscono gli inattivi in età da lavoro (-3,5%). La Toscana fatica a tornare ai livelli occupazionali pre-crisi: la partecipazione si attesta al 71,1% ancora 1,6 punti al di sotto del livello medio del 2019. Si consolida il ruolo della componente a termine come perno della ripresa dell’occupazione nel 2021 (saldo +28.000 posizioni), dall’altro lato i rapporti di lavoro a tempo indeterminato evidenziano un aumento di entità piuttosto contenuta (+431 posizioni). Uno dei pochi dati positivi riguarda le componenti di genere, nel 2020 l’unico apporto positivo è rappresentato dall’occupazione femminile, anche se di entità modesta (+0,4% pari a circa 3 mila donne occupate in più) e ancora in contrazione nei confronti del 2019 (-3,2%).
Infine un focus sulla cassa integrazione nel 2021: rispetto all’anno precedente il dato complessivo è minore del 41%, con una marcata tendenza al rallentamento che si è evidenziata a partire dal terzo trimestre. Nonostante questo il ricorso alle varie forme di Cig risulta comunque circa cinque volte superiore al 2019, anno in cui sono state autorizzate poco più di 18,5 milioni di ore, contro le oltre 186,7 milioni autorizzate nel 2020 e le quasi 110 milioni autorizzate nel corso del 2021. Da un punto di vista dei settori coinvolti, oltre la metà delle ore complessive autorizzate sono state utilizzate nel settore manifatturiero, seguito dal commercio all’ingrosso e al dettaglio e il settore turistico. Complessivamente i tre ambiti lavorativi coprono oltre 89 milioni di ore autorizzate, l’80% del totale delle ore autorizzate nell’anno passato.