Cinque minuti per innamorarsi di Genova. E’ il principio che ha reso possibile la mostra visitabile da domani a Palazzo Ducale, dedicata a Monet e ai capolavori provenienti dal Musée Marmottan di Parigi. Negli spazi completamente rinnovati della sala del Munizioniere, fino al 22 maggio saranno esposti 50 capolavori dell’artista impressionista: non opere comuni, ma quelle a cui Monet teneva di più, da cui non volle mai separarsi, tanto da conservarle nella casa di Giverny fino alla morte. “E’ una mostra possibile grazie alla fiducia che il museo Marmottan di Parigi ha avuto in noi per quei famosi ‘5 minuti con Monet’ che avevamo organizzato dopo il lockdown, nella sala del Doge”, ricorda Serena Bertolucci, direttrice di Palazzo Ducale. Tra giugno e agosto 2020, infatti, ad accogliere i visitatori c’erano state le famose “Ninfee”: nella grande sala espositiva, nell’arco di due mesi, 14mila persone riuscirono ad ammirare in completa solitudine il quadro più rappresentativo del Maestro dell’Impressionismo, per cinque, magnifici, minuti. Il Musée Marmottan è rimasto talmente tanto colpito da quell’esperienza che – prosegue Bertolucci – nel momento in cui si è verificata una finestra di disponibilità per le loro opere, ci hanno chiesto se avessimo un’idea. E ci hanno trovato pronti”. E’ così che è nata una mostra immersiva, dove il visitatore viene letteralmente circondato dai quadri: “La sala del Munizioniere regala qualcosa di più – ha detto il presidente della Fondazione palazzo Ducale, Luca Bizzarri – rende tutto molto intimo, molto personale”. Oltre infatti all’onirico giardino lussureggiante in cui ci si immerge grazie ad opere quali Ninfee, Iris, Emerocallidi, varie versioni de Il ponte giapponese e Le rose, chi visiterà la mostra potrà attraversare sale dove, grazie alla tecnologia, camminerà e verrà abbracciato dalla natura brillante e fluida dei quadri di Monet. “E’ quello che speriamo siano le mostre post covid – spiega la direttrice di Palazzo Ducale – ovvero accoglienti, chiare, con una parte di digitalizzazione, senza però essere sommersi dalla digitalizzazione, e che siano legate al territorio. La suggestione ulteriore di questa mostra è che nel 1883 Monet venne a Genova, dunque siamo a ridosso dell’anniversario. Ci sembrava bello, per questa ennesima ripartenza, domandarci cosa Monet cercasse a Genova allora. La risposta è stata luce e colore – osserva Bertolucci – E allora quello è diventato l’auspicio di tutti noi con questa mostra: tornare a vedere musei alla ricerca della luce e del colore”.