Ogni famiglia spende mediamente 5300 euro all’anno per i propri bisogni di welfare, ovvero il 17% del reddito familiare disponibile medio. È quanto emerge dal Rapporto 2022 del Bilancio di welfare delle famiglie italiane, presentato a Roma dal Centro Regionale Veneto Elaborazione Dati (Cerved), in presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni e delle aziende, fra cui la ministra per le Pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti. Dal rapporto, illustrato dal partner innovation team di Cerved Enea Dallaglio, emerge che le aree di spesa più rilevanti sono la salute e l’assistenza agli anziani, con una spesa, rispettivamente, di 39 e 29 miliardi. In particolare, le famiglie con anziani (circa 6.5 milioni) affrontano una spesa di circa 13.000 euro all’anno. Il dato si fa “critico- ha spiegato Dallaglio- se si considera che il 67% delle famiglie si occupa della cura agli anziani solo con i familiari, senza alcun servizio di assistenza di qualsiasi tipo”. Il mancato utilizzo dei servizi non dipende soltanto dalla difficoltà economica: piuttosto, incide “la grande distanza fra i bisogni della famiglie e i servizi disponibili, sia in ambito pubblico che privato. Il 32%- ha detto ancora Dallaglio- non trova i servizi di cui ha bisogno, mentre per il 30% degli intervistati i servizi ci sono ma non in quantità adeguata”. È dunque una questione di “distanza fra domanda e offerta, fra i bisogni nuovi delle famiglie e i servizi offerti”. Bisogni nuovi che dipendono da una configurazione nuova della struttura familiare, con il 32% delle famiglie italiane composte da una persona sola, il 42% di famiglie mono-genitori e una demografia in costante invecchiamento che vede 4 milioni di anziani soli. Difficoltà economiche e distanza fra bisogni e offerta determinano, anche in ambito sanitario, il fenomeno della rinuncia alle prestazioni: nel 2018, ha spiegato ancora Dallaglio, il 41% delle famiglie praticavano rinunce parziali a servizi sanitari. Il dato è ora salito al 50.2% e tra questi, nel 2021, il 14% delle famiglie italiane ha praticato rinunce ritenute “rilevanti”, cioè con un impatto significativo sulla salute. Osservando il dato nel dettaglio, emerge che nel 2021 ad aver praticato rinunce sull’assistenza agli anziani sono state il 56% delle famiglie, il 58% ha rinunciato a servizi per bambini in età prescolare e il 33.8% a servizi riguardanti l’istruzione. Questi dati “differenziano tantissimo l’Italia da altri paesi europei e, secondo gli esperti, ci dicono che non siamo un paese sviluppato”. La pandemia ha certamente accelerato il fenomeno di rinuncia ai servizi ma già nel 2018 “il dato era altissimo: a determinarlo anche il fatto che 7.5 milioni di famiglie sono in condizione di debolezza economica e i servizi costano, anche quelli pubblici”. L’industria del welfare dovrà dunque affrontare numerose sfide: il cambiamento dell’idea di salute, “non più soltanto fatta di cure, ma di prevenzione e di guida allo stile di vita”; la richiesta di qualità della vita da parte degli anziani, “che per lo più ritengono necessario un servizio di assistenza domiciliare qualificata” e la necessità di colmare il gap dell’istruzione. In Italia, infatti, i laureati sono il 30% dei giovani, contro il 42% della media europea. “Le famiglie non sono solo utilizzatrici di welfare- ha concluso Dallaglio- sono la rete primaria di protezione, coesione sociale e solidarietà fra generi e generazioni. Questo ruolo oggi è in gravissima difficoltà e i nuovi modelli di welfare devono aiutare la famiglia a ricostruire il proprio ruolo nella realtà attuale”. Alla conferenza hanno partecipato anche, oltre all’amministratore delegato di Cerved Andrea Mignanelli, Marco Leonardi, capo del Dipartimento per la Programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri; Marcella Mallen, presidente Asvi; Massimo Midiri, rettore dell’Università di Palermo; Paola Profeta, professoressa ordinaria di Scienza delle finanze dell’Università Bocconi; Camillo Ricordi, direttore del Diabetes research institute and cell transplant center dell’University of Miami; Mariuccia Rossini, presidente Gruppo Korian.