Nonostante non si sia mai risparmiato le critiche verso l’Italia, oggi l‘Economist cambia idea, fino ad arrivare a incoronarlo Paese dell’anno 2021. Riconoscimento che però non arriva a seguito delle numerose vittorie di quest’anno, come quella degli Europei di calcio o dell’Eurovision, ma dalle sue “politiche” e al tasso di vaccinazione contro il coronavirus in Italia, tra i più alti d’Europa. Il merito è tutto del premier Mario Draghi, che è riuscito, in un anno difficile, a dare nuovo impulso alla politica italiana, smuovendola da uno storico immobilismo. Il settimanale d’informazione politico-economica, che ogni anno assegna il premio, non al Paese “più grande, al più ricco o al più felice”, ma a quello che “è migliorato di più nel 2021”, sceglie Roma per la sua politica. In particolare, con “Mario Draghi ha acquisito un premier competente e rispettato a livello internazionale”. Ma non solo. “Per una volta – si legge – una larga maggioranza dei politici italiani ha seppellito le proprie divergenze per sostenere un programma di profonda riforma” che dovrebbe permettere a Roma di ottenere “i fondi a cui ha diritto nell’ambito del piano di ripresa post-pandemia dell’Ue”.
Apprezzamento, poi, per la strategia messa in atto contro il Covid e per la ripartenza. “Il tasso di vaccinazione contro il Covid in Italia è tra i più alti d’Europa. E dopo un 2020 difficile, la sua economia si sta riprendendo più rapidamente di quelle di Francia o Germania”. C’è però anche un allarme, riguardante l’ipotesi dell’elezione di Draghi a presidente della Repubblica: “Questa insolita esplosione di governance potrebbe subire un’inversione, l’attuale premier sarebbe confinato ad un incarico cerimoniale e potrebbe lasciare il posto ad un nuovo premier meno competente”. “Auguroni”, scrive The Economist, che ricorda di aver “spesso criticato” il Paese per la scelta dei suoi leader, come nel caso di “Silvio Berlusconi che avrebbe potuto utilmente seguire l’ammonimento di Zitti e buoni, la canzone dei Maneskin“. E rammenta come gli “italiani, a causa di governi deboli, fossero più poveri nel 2019”. “Eppure quest’anno L’Italia è cambiata”, conclude la rivista.