Nella giornata di ieri la valuta di Ankara è calata del 4% nei confronti del dollaro e dell’euro, superando per la prima volta il livello di 15 lire per un euro. I nuovi minimi sono stati segnati dopo che il presidente Recep Tayyip Erdogan ha detto di essere contrario a qualsiasi “compromesso” sul livello dei tassi di interesse, nonostante la svalutazione della moneta e la corsa dell’inflazione: il dato di novembre sarà presentato venerdì e secondo alcuni esperti potrebbe superare il 20%. Attualmente la lira è scambiata a 13,44 per un dollaro e 15,15 per un euro.
“Non ho mai difeso l’aumento dei tassi di interesse e non lo farò mai, su questo argomento non accetto alcun compromesso” ha detto alla stampa turca Erdogan, il quale ha ribadito la sua idea di politica monetaria basata su un costante abbassamento del costo del denaro.
Una linea già avallata lo scorso 19 novembre quando, a fronte di un’inflazione che si aggira intorno al 20% (livello che non si registrava dal 2018), la banca centrale turca ha tagliato i tassi di interesse, ribadendo così ancora una volta la mancanza di indipendenza dell’istituto di politica monetaria, che sembra essere dipendente dalle decisioni del presidente. Sono anni che Erdogan, pur volendo combattere l’inflazione, afferma la sua visione non ortodossa secondo cui i tassi più alti portano all’inflazione.
“I tassi di interesse sono la causa dell’inflazione. La mia tesi non è cambiata, la difendo ancora, ci credo”, ha dichiarato il presidente.
Secondo gli analisti, la lira “è in territorio di crisi”. “Un’inflazione più elevata e condizioni finanziarie interne più rigide rischiano di indebolire la ripresa della Turchia”, hanno scritto gli esperti di Capital Economics. La crisi della lira rallenta la crescita positiva del Paese nel terzo trimestre: “La crescita del PIL della Turchia è stata del 7,4% nel terzo trimestre su base annua e del 2,7% rispetto al trimestre precedente, trainata dai consumi e dalle esportazioni delle famiglie e del governo”.
Tim Ash, stratega senior dei mercati emergenti presso BlueBay Asset Management, ha sottolineato: “Tassi più bassi potrebbero fornire un’elevata crescita del PIL reale, ma al prezzo di una valuta più debole, un’inflazione più elevata e preoccupazioni a lungo termine sulla stabilità finanziaria macro”.