L’ivermectina, un farmaco antielmintico ad ampio spettro utilizzato anche durante la pandemia per trattare i pazienti Covid-19, potrebbe essere impiegata nella cura dell’oncocercosi, conosciuta anche come “cecità fluviale”, un’infezione parassitaria provocata dalla puntura di un insetto che vive nei pressi dei fiumi, e nella prevenzione del virus del Nilo occidentale (WNV). Questi, in estrema sintesi, sono i risultati di due studi, presentati durante il meeting annuale dell’American Society of Tropical Medicine and Hygiene, condotti dagli scienziati del Carter Center, dell’Università della California a Davis e della Colorado State University, che hanno valutato l’efficacia dell’ivermectina come presidio per il trattamento di diverse condizioni cliniche. Nell’ambito del primo lavoro, il medicinale ha portato alla riduzione dei casi di cecità fluviale in due stati nigeriani, Plateau e Nasarawa. Il trattamento di massa con ivermectina, spiegano gli autori, potrebbe contribuire a decrementare significativamente la diffusione della malattia tropicale. La cecità fluviale, spiegano i ricercatori, è provocata da minuscoli vermi parassiti che negli esseri umani producono lesioni oculari, fino a potenziali casi di cecità. Questa patologia è piuttosto comune in Africa, ma si riscontra anche in alcune sacche in Brasile, Venezuela e Yemen. “Per contrastare la cecità fluviale dobbiamo guardare alla Nigeria – commenta Abel Eigege, del Carter Center – per questo siamo entusiasti di questo lavoro. Ci sono voluti 25 anni di impegno e finanziamenti per reperire e distribuire il medicinale. Speriamo che questo successo possa accelerare gli sforzi in questo senso in altri stati della Nigeria e in tutta l’Africa”. In una presentazione separata, Emmanuel Emukah del Carter Center riporta che ci sono state prove dell’interruzione nelle catene di trasmissione della malattia nello stato nigeriano di Delta. “L’ivermectina ha un enorme valore contro diverse malattie tropicali – sottolinea Frank Richards del Carter Center – tanto che la scoperta di questo farmaco ha valso il premio Nobel per la Medicina 2015 ai suoi sviluppatori”. I ricercatori dell’Università della California a Davis e della Colorado State University hanno invece presentato prove che l’aggiunta di ivermectina alle mangiatoie per uccelli da cortile potrebbe ridurre la trasmissione locale del virus del Nilo occidentale (WNV) negli Stati Uniti. L’agente patogeno viene trasportato dalle zanzare, e gli uccelli ne costituiscono un serbatoio chiave. “L’uso diffuso di ivermectina nelle mangiatoie – riporta Karen Holcomb, dell’Università della California a Davis – potrebbe rappresentare una soluzione pratica ed efficace per ridurre la trasmissione del virus del Nilo di circa il 60 per cento. Una bassa dose di ivermectina è innocua per gli uccelli, ma può raggiungere il sistema circolatorio degli animali e contrastare la diffusione delle zanzare”.