
Tim Cook, ceo di Apple, non sopporta Mark Zuckerberg, il business di Facebook e genere dei social, impostato sulla raccolta e lo sfruttamento dei dati personali degli utenti, spesso in violazione, dice Cook, delle leggi sulla privacy. Questioni tra giganti del nuovo mondo digitale, che giocano a difendere i rispettivi giardinetti, ci mancherebbe.
Certo, va anche detto che a molti è sempre piaciuta una frase di Cook con la quale liquidava il modello di business di Facebook e dei vari fratellini social: «Se qualcosa su Internet è gratuito, significa che il prodotto sei tu. Se accettiamo come normale e inevitabile che tutto ciò che riguarda la nostra vita possa essere catalogato, aggregato e poi venduto, allora perderemo molto più dei nostri dati. Perderemo la libertà come esseri umani».
E, insomma, vuoi perché Cook è un imprenditore illuminato che combatte per la tutela della privacy di tutti i cittadini del mondo, vuoi perché nel mondo degli affari si fa di tutto per ostacolare i competitor, tuttavia va ammesso che lo scherzetto tirato qualche mese fa da Apple al mondo dei social è di quelli da incorniciare: un aggiornamento del sistema operativo iOS14, quello che fa funzionare gli iPhone, che dallo scorso aprile ha introdotto la app Tracking Transparency. Questa app richiede un consenso per tracciare le attività del possessore dell’iPhone, attività poi utilizzate dalle varie app di terze parti, e in particolare dai social, per inviare pubblicità targetizzata. Ebbene, da aprile a oggi solo il 4% dei proprietari di iPhone ha dato il proprio consenso. E questo ha causato un danno enorme a Facebook (dovremmo chiamarlo Meta, ma è ancora presto), colpendo poi pure Snapchat, e in parte minore Twitter e YouTube.
L’impatto negativo totale sui conti di questi quattro giganti, secondo il Financial Times, sarebbe di 9,85 miliardi di dollari nella seconda metà del 2021, erodendo, in media, circa il 12% dei ricavi tra luglio e dicembre. I due gruppi più danneggiati sarebbero Facebook (8,3 miliardi), i cui ricavi al 98% derivano proprio da advertising targetizzato, e Snapchat, che ha un modello di business basato esclusivamente sugli smartphone.
Senza dati segmentati, gli investitori pubblicitari hanno già cominciato a tagliare i budget adv destinati a Facebook e Snapchat, orientando, invece, parte delle risorse verso i possessori di device con un sistema Android e verso le offerte pubblicitarie di Apple (e in effetti i ricavi adv di Cupertino stanno crescendo molto).
Tanto per fare un semplice esempio concreto, una azienda di abbigliamento intimo maschile che prima investiva cinque euro su Facebook per una pubblicità targetizzata su mille uomini per conquistare un nuovo cliente, ora dovrà investire un budget maggiore, probabilmente doppio, per parlare ad almeno 2 mila persone, senza però sapere se sono uomini o donne, nella speranza di ritrovare il target dei mille uomini.
A questo punto, se la pubblicità su Facebook non è più così efficiente, molti investitori potrebbero anche lasciare del tutto il social e spostarsi per esempio su TikTok, in forte crescita e con tariffe pubblicitarie infinitamente più basse.
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi