
L’esposizione agli antibiotici in utero o dopo la nascita potrebbe portare a disturbi cerebrali nel corso dell’infanzia. Ad affermarlo sono i ricercatori dell’Università di Rutgers nel New Jersey, negli Stati Uniti. Lo studio di laboratorio, pubblicato sulla rivista Science, suggerisce che l’esposizione agli antibiotici nei primi anni di vita potrebbe alterare lo sviluppo del cervello umano nelle aree responsabili delle funzioni cognitive ed emotive.
La penicillina, l’ampicillina e l’amoxicillina sono gli antibiotici più utilizzati nei bambini di tutto il mondo. Negli Stati Uniti, ogni bambino assume, in media, quasi tre cicli di antibiotici prima dei 2 anni. Tassi simili o maggiori di sooministrazione di tali farmaci si verificano in molti altri paesi.Lo studio americano ha confrontato i topi che hanno assunto penicillina a basso dosaggio in utero, o subito dopo la nascita, con quelli non esposti. I topi a cui era stata somministrata la penicillina hanno manifestato cambiamenti sostanziali nel loro microbiota intestinale. Inoltre, era risultata alterata l’espressione genica nella corteccia frontale e nell’amigdala, due aree chiave del cervello responsabili dello sviluppo della memoria, nonché della paura e delle risposte allo stress.
Molti studi precedenti avevano messo in relazione il tratto intestinale con il cervello, un campo di studio noto come “asse intestino-cervello”. Se questo percorso di comunicazione è disturbato, ciò può portare a un’alterazione della struttura e della funzione del cervello e probabilmente al manifestarsi di disturbi neuropsichiatrici o neurodegenerativi nella tarda infanzia o nell’età adulta.
Sono necessari studi futuri, dicono gli scienziati, per determinare se gli antibiotici influiscono direttamente sullo sviluppo del cervello o se le molecole del microbioma che viaggiano verso il cervello disturbano l’attività genica e causano deficit cognitivi. Intanto, i risultati suggeriscono di ridurre l’uso diffuso di antibiotici o di utilizzare alternative, quando possibile.