
Bisogna dare atto ad alcuni manager della sanità laziale di rispondere ad una serie di caratteristiche umane e professionali che consentono loro di immaginare logiche e strategie operativa prima degli altri. Ora con il Covid calante c’è una politica del doppio binario estremamente impegnativa che non è facile governare sul territorio e nelle strutture, la corsa con l’acceleratore premuto al massimo sulle vaccinazioni, costi quel che costi, e il disperato tentativo di riportare più in fretta possibile il sistema alla normalità, visto che malati e patologie “normali” premono e che c’è un drammatico “arretrato” da risolvere. In entrambi i casi si gioca con la vita delle persone, non va dimenticato. Ma c’è chi si occupa ancora soprattutto di Covid, spinto dall’inesauribile assessore D’Amato, e chi invece da tempo guarda più lontano. Come Daniela Donetti (Asl Viterbo), come Narciso Mostarda (Asl Roma 6), come Tiziana Frittelli (S.Giovanni Addolorata). Altri invece sono in debito d’ossigeno o amministrano senza strappi. Nell’ultima categoria Angelo Tanese (Asl Roma 1) è un primo della classe, Giorgio Casati (Asl Roma 2) sta ancora prendendo le misure della sua enorme azienda. C’è chi si muove con prudenza, come Giuseppe Quintavalle (Tor Vergata) e Fabrizio D’Alba (Umberto I) e chi fatica ad entrare nel nuovo ruolo, come Matranga (Asl Roma 4) e Silvia Cavalli (Asl Latina) C’è infine chi sonnecchia o lavora sotto traccia cercando di farsi notare il meno possibile. Un’ultima considerazione. Il far ruotare i ruoli della squadra, il cambiare titolari in momenti difficili e lasciare al contrario dei sostituiti, dei facenti funzione, può rivelarsi un azzardo, e su diverse poltrone i dg se ne stanno seduti come sui tizzoni ardenti. Ma sono scelte politiche.
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