L’Italia non è un Paese adatto per le persone digitali

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L’Italia non è un Paese per ‘persone digitali’. Potrebbe riassumersi così uno studio, commissionato da eToro, in collaborazione con il Center for Economics and Business and Research (Cebr), che analizza 9 Paesi europei e l’impatto che le tecnologie hanno attualmente su di loro, insieme alla capacità di implementazione e adozione futura. La ricerca rivela che, più utilizziamo le tecnologie digitali, più diventiamo capaci e sicuri, il che ne richiede un uso ancora più frequente. Un buon esempio è quello dell’online banking: è la tecnologia con cui gli europei interagiscono più regolarmente, con quasi un quarto (24%) che la utilizza quotidianamente e il 77% che la utilizza almeno una volta alla settimana. Concentrandosi sull’Italia, vediamo invece che solo poco più di un terzo (36%) dei cittadini utilizza l’online banking almeno ogni tre mesi, contro il 91% di Danimarca e Paesi Bassi. E non si tratta dell’unico indicatore con un punteggio basso: l’Italia infatti si colloca all’ottavo posto sia nel Digital Engagement Index sia nel Digital Growth Index; la posizione definitiva che ottiene è il nono e ultimo posto nella classifica generale della trasformazione digitale. Per molti degli indicatori relativi al coinvolgimento digitale, solo la Romania si attesta a livelli di penetrazione digitale inferiori all’Italia. A differenza della Romania però, l’Italia si colloca in una posizione sfavorevole anche nel Digital Growth Index, il che suggerisce che le prospettive dell’Italia di colmare il divario digitale con gli altri Paesi europei sono scarse. Il fattore principale è l’indicatore degli oppositori al digitale, con il 36% degli intervistati che concorda sul fatto che resisterebbe all’espansione delle tecnologie digitali sul luogo di lavoro. Tuttavia, gli europei esprimono disagio per l’utilizzo di soluzioni digitali che non sono ancora ben consolidate. Ad esempio, meno della metà (44%) degli intervistati si sentirebbe a proprio agio nel portare a termine un appuntamento medico di routine tramite videochiamata. In Italia, quasi uno su cinque (19%) prevede di svolgere la maggior parte degli appuntamenti dal medico online, anche dopo la fine della pandemia. Il fatto curioso è che gli italiani con più di 55 anni sono i secondi più a loro agio nella loro fascia di età nei nove mercati europei analizzati con gli appuntamenti medici online. Il 46% degli intervistati ha dichiarato di trovarsi a proprio agio con questa tecnologia. Ciò indica un circolo virtuoso in base al quale nella tecnologia una maggiore adozione significa maggiori capacità, il che a sua volta promuove tassi di assorbimento ancora più elevati. Gli italiani, in alcune aree, dimostrano di saper sfruttare bene le nuove possibilità offerte dalla tecnologia: quasi tre quarti (73%) affermano che si sentirebbero a proprio agio nel fare acquisti online, anche se le vendite e-commerce hanno pesato solo per il 12% del totale retail fatturato nel 2019 (la seconda quota più bassa tra i Paesi analizzati). Ciò suggerisce che c’è un interesse pubblico per più acquisti online in Italia, nonostante la penetrazione relativamente bassa fino ad ora. Se l’Italia occupa l’ultima posizione nella classifica della Digital Transformation, in testa alla classifica dei Paesi europei più “digitali” con il maggior potenziale di crescita tra i 9 oggetto dell’indagine (Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Spagna e Regno Unito) troviamo la Danimarca con 58 punti nel Digital Transformation Index. Il Paese scandinavo è al secondo posto nella classifica del Digital Growth Index e al secondo posto in quella del Digital Engagement Index, avendo ottenuto un buon risultato per tutti gli indicatori analizzati. La Spagna si colloca al secondo posto nella classifica del Digital Transformation Index: gli iberici intervistati utilizzano una serie di prodotti hardware e software con maggiore frequenza rispetto ai loro omologhi degli altri Paesi analizzati. Con un punteggio di 65 nel Digital Engagement Index, il Regno Unito è in testa alla classifica europea per quanto riguarda gli attuali livelli di penetrazione digitale. I pagamenti con carta sono molto più diffusi nel Regno Unito che negli altri Paesi europei analizzati, e anche l’uso delle piattaforme digitali per scopi educativi risulta maggiore nel Regno Unito. Nonostante la notevole performance registrata nel Digital Engagement Index, un punteggio relativamente debole nel Digital Growth Index porta invece il Regno Unito a collocarsi al terzo posto nella classifica generale della trasformazione digitale. I Paesi Bassi registrano punteggi solidi sia nel Digital Engagement Index sia nel Digital Growth Index, collocandosi al quarto posto nella classifica del Digital Transformation Index complessivo. La Germania, il più grande Paese europeo sia per popolazione sia per produzione economica, presenta risultati relativamente deludenti nel Digital Growth Index. Il livello di sostegno all’aumento della digitalizzazione è più basso in Germania che in qualsiasi altro Paese analizzato, e questo Paese registra anche il punteggio più basso nell’indicatore di maturità digitale. Solo il 48% dei tedeschi intervistati ha dichiarato che si sentirebbe a proprio agio a passare alle piattaforme di online banking, una percentuale che scende al 37% per coloro che si sentirebbero a proprio agio a effettuare un pagamento superiore a 100 Euro con un’applicazione di mobile payment. Con un punteggio di 45, la Francia si colloca al settimo posto nella classifica del Digital Transformation Index e precede così la Romania che mostra un insieme polarizzato di risultati nel Digital Transformation Index, registrando il punteggio più basso nel sotto-indice del coinvolgimento digitale e al contempo il punteggio più alto nel sotto-indice della crescita digitale. Sebbene la ricerca mostri chiare sfide da affrontare, soprattutto in Italia, c’è tanto su cui essere positivi. Un gran numero di tecnologie digitali si è già profondamente radicato nella vita quotidiana delle persone in tutta Europa. La maggior parte degli europei accetterebbe una maggiore digitalizzazione in molti settori dell’economia. Esiste una solida base di sostegno pubblico per l’aumento della digitalizzazione nei settori dell’energia e dei servizi (71%), della finanza (65%) e dell’intrattenimento (64%). Se ci concentriamo sulla finanza, vediamo che più di uno su sette (15%) degli intervistati si aspetta di essere più attivo nell’investire in azioni dopo la pandemia rispetto a prima della pandemia. Ciò suggerisce che, indipendentemente da come i diversi individui hanno reagito all’incertezza e alla volatilità del mercato durante il Covid-19, gli eventi del 2020 hanno innescato un maggiore livello di interesse nei mercati finanziari in un gran numero di europei. Questo effetto sembra essere più forte in Italia, con il 20% degli intervistati che si aspetta di essere più attivo nell’investire in azioni dopo la pandemia rispetto a prima. “Il nostro futuro sarà digitale e la stragrande maggioranza concorda sul fatto che la tecnologia renderà le nostre vite più facili. Tuttavia, affinché quel mondo digitale abbia successo, non dobbiamo perdere di vista l’elemento umano al centro di questa trasformazione”, ha detto Yoni Assia, Ceo e co-fondatore di eToro. “Sappiamo che le preoccupazioni relative alla disinformazione e alla protezione dei dati hanno già spinto all’azione schiere di millennial e di appartenenti alla generazione z. Sappiamo che i rischi del digital divide non sono limitati ai singoli, ma a interi Paesi. La fattibilità del nostro futuro digitale dipende quindi dalla nostra capacità di garantire che questo nuovo mondo sia inclusivo, morale e, in ultima analisi, umano”, ha concluso il Ceo di eToro, il portale di investimento multi-asset con 16 milioni di iscritti in tutto il mondo.