Nelle Marche è del 10% l’aumento stimato, secondo Assoenologi, della produzione di vino della vendemmia 2020, con una controtendenza rispetto al trend nazionale, previsto in calo: si punta a 989 mila ettolitri, 82 mila in più rispetto allo scorso anno, nonostante un inverno caldo e secco, marzo freddo e piovoso e qualche fenomeno distruttivo che ha colpito in diverse occasioni tutte le province della regione.
La situazione più disastrosa, con la produzione pressoché azzerata, si registra nel Fermano. Tra gli oltre 17 mila ettari del vigneto marchigiano la vendemmia è iniziata da due settimane: la produzione per oltre l’80% è destinata a doc, docg e igt, vini a denominazione maggiormente distintivi del territorio, che valgono – secondo l’ultimo report Ismea/Qualivita – 97 milioni di euro. Ma la prima vendemmia del Covid è contrassegnata anche da preoccupazioni, soprattutto legati alle esportazioni: da gennaio a marzo, i mesi che hanno preceduto la dichiarazione della pandemia, l’export marchigiano del vino ha registrato cali in Cina (-35%), dove il virus ha colpito per primo, Regno Unito (-20%), per le incognite della Brexit e Russia (-1%), a causa delle sanzioni internazionali. Un calo che si somma alla chiusura durante il lockdown del canale horeca e con il rallentamento della domanda, che ha fatto registrare una flessione di circa il 5% sui prezzi all’ingrosso di bianchi e rossi marchigiani.