Domanda. Toscani, dopo aver mescolato i generi tocca alla moda. Cosa c’entra il labirinto di abiti e fiori con il nuovo corso di Benetton?
Risposta. Siamo nel mezzo di un guado: la moda che vedrete anche per i prossimi mesi è in realtà una coda della passata gestione. La rivoluzione vera si vedrà nel 2019. Nei negozi è tornata più luce, stiamo smontando la vecchia concezione di vetrine allestite, c’è il tocco magico della stylist Annie Lerner, come a Garage Sanremo.
D. Qual è il Toscani-pensiero per la rete di vendita e le collezioni?
R. Non sono un designer, ma abbiamo capito che il vecchio modello è stato un fallimento e si contano le vittime dei negozi aperti con il marketing dei numeri. È il momento in cui tutti stanno facendo un passo indietro e nel frattempo si è smesso di comprare in maniera compulsiva.
D. Qualche anno fa Benetton si era presentato come risposta italiana al fast fashion di spagnoli e svedesi…
R. Sì, ma la storia che il consumatore voglia collezioni nuove ogni settimana è una grande balla. Il mercato è pronto alla bellezza, al gusto estetico. Personalmente, non compro mai. Fosse per me i negozi potrebbero chiudere.
D. Come si costruisce un’alternativa per i nuovi modelli di consumo?
R. Partendo dalla cultura. La differenza tra noi e le grandi catene è che Benetton ha al suo interno un centro di cultura della comunicazione moderna. Costruire alternative appartiene alla filosofia di Fabrica: siamo industria ma anche pensiero. Olivetti ha fatto la stessa cosa a fine anni 60 con la macchina per scrivere Valentine. Non c’era bisogno di una portatile rossa o di un tasto rosso per le maiuscole, eppure (Sottsass e King, ndr) l’hanno fatta. Il mercato vuole questo.
D. Torniamo ai negozi…
R. Credo che le boutique del futuro saranno come agenzie di viaggio: si accarezzerà qualcosa, ma principalmente si vivrà. Per il momento stiamo facendo dei test: lo store campione è in Corso Vittorio Emanuele a Milano. Abbiamo messo un ledwall che cambia colori e davanti due, tre pezzi al massimo.
D. A proposito di vetrine interattive, il negozio a tre piani appena inaugurato a Londra non sembra riflettere la rivoluzione, anche se i contenuti sono di Fabrica…
R. È il meglio che il vecchio sistema abbia potuto produrre. Mi hanno chiesto se volevo fare modifiche ma non ho messo becco. Il racconto è importante, è come un foglio di carta nella macchina per scrivere.
D. Zara ha aperto accanto alla City uno showroom dove non si prova nulla e i vestiti li consegna un robot…
R. Noi stiamo facendo i manichini con il fil di ferro, made in Africa. Il format dei negozi lo presenteremo a Ponzano nelle prossime settimane.
D. Quest’estate ha posato con la famiglia per Best Company. Ora Fabrica e un allestimento-mercato, viene in mente Elio Fiorucci…
R. È stato divertente prestarsi al gioco. Elio era un grande amico e sto lavorando a una grande mostra su di lui che sarà allestita a Ca’ Pesaro la prossima estate (Epoca Fiorucci, dal 28 giugno, ndr). Tanti ricordi personali ma soprattutto tanto talento.
D. Con che cosa si rivoluziona un marchio?
R. Benetton è come certe camicie di 40 anni fa perfette nella qualità, solo da aggiustare un po’.
Francesca Sottilaro, ItaliaOggi