Nuova perdita di circa 4,5 miliardi di euro ma il bilancio non ottiene l’approvazione dei revisori di PricewaterhouseCoopers. E la cessione delle divisione microchip diventa un caso politico: ricca offerte della taiwanese Foxconn, ma il premier Abe è contrario
Uno dei nomi storici dell’elettronica è in crisi, talmente in crisi da mettere a rischio il futuro stesso dell’azienda: la giapponese Toshiba ha pubblicato i conti dei primi nove mesi dell’anno fiscale, senza però ottenere l’approvazione dei revisori di PricewaterhouseCoopers. Fatto che mette nero su bianco le gravissime difficoltà del colosso nipponico, tuttora tra le prime 200 aziende al mondo per fatturato: la pubblicazione dei dati di bilancio è stata rinviata due volte, poi si è certificata una perdita di 532 miliardi di yen (circa 4,5 miliardi di euro) senza però, come detto, avere l’ok dei revisori contabili.
Disastro nucleare
Il principale fattore di di crisi per il gruppo giapponese è legato alla disastrosa acquisizione della divisione nucleare statunitense Westinghouse. Pochi giorni fa, a fine marzo, proprio Westinghouse, nome celebre nel settore dell’energia atomica, ha presentato richiesta di fallimento. L’acquisto di Toshiba avvenne nel 2006 e il gigante nipponico, che tuttora è attivo in moltissimi campi (dal medicale agli elettrodomestici), puntava sulle sinergie per far funzionare le cose al meglio. Ma l’alleanza è deragliata , generando perdite miliardarie e stop ai progetti in altri Paesi, tra cui Regno Unito e India. Un’acquisizione nefasta che aveva portato persino allo scandalo dei conti truccati (per 7 anni i profitti reali erano stati gonfiati e le perdite dilazionate) , esploso nel 2015 con pubbliche ammissioni e dimissioni dei top manager. Negli ultimi due anni sono seguite altre perdite e migliaia di licenziamenti, senza riuscire a raddrizzare la situazione. Le azioni valgono oggi circa un quinto di quanto valevano dieci anni fa, nel 2007.
Il caso dei chip
Per far fronte alla tempesta, Toshiba è impegnata in un’ampia operazione di dismissioni. Il gruppo turco Vestel ha in corso discussioni per acquisire il settore tv. («È troppo presto per dire se le discussioni avranno successo», ha comunicato pochi giorni fa Vestel). Ma soprattutto c’è in uscita uno dei gioielli della corona dell’azienda, ovvero la divisione dei chip. Una vendita che sta diventando una spina nel fianco anche per premier giapponese Shinzo Abe. Secondo quanto ha scritto il Wall Street Journal, infatti la taiwanese Foxconn Technology – che a Shenzhen (Cina) assembla gli iPhone di Apple e gli smartphone di molti altri produttori, – sarebbe disposta a pagare fino a 27 miliardi di dollari per le attività riguardanti i micropocessori di Toshiba. Foxconn, che già l’anno scorso acquisì un altro storico nome giapponese, ovvero Sharp, ha messo sul piatto molto di più di altri pretendenti tanto da battere anche un fondo di investimento appoggiato dal governo di Tokyo. Per Abe è un problema serio, visto che il premier contava sul fatto che i chip di Toshiba – considerati un’attività strategica per il Giappone – restassero in mani nipponiche o finissero per lo meno a una joint-ventura nippo-americana.
Con la crisi che si avvita su se stessa, sarà molto difficile per Toshiba rinunciare al ricco piatto offerto da Foxconn.
Il Corriere della Sera