Secondo il vettore irlandese entro un anno serve un nuovo accordo bilaterale con il Vecchio Continente. Altrimenti si rischia un vuoto normativo dal 2019. “Abbiamo già ridotto il nostro impegno in Uk”, dice il numero due del vettore Kenny Jacobs
La Brexit potrebbe lasciare nel limbo dei cieli la Gran Bretagna. Nessun volo da e per l’isola di Sua Maestà, avverte Ryanair, dal marzo del 2019 potrebbe partire o atterrare nel Regno Unito se non si rimetteranno le mani negli accordi bilaterali che scadranno proprio con l’uscita dall’Unione.
La più grande compagnia europea del 2016, comprese le concorrenti tradizionali, avverte il governo di Londra e lo invita a mettere al primo posto in agenda l’apertura di un dialogo con le autorità europee per coprire il buco lasciato dall’addio anche alle norme sul sistema “Open Skies” che fino ad oggi ha regolato i voli da e per l’Uk. E questo perché l’alternativa, in assenza di nuovi trattati, è un ritorno alle norme dettate dalla Wto, che non prevede un capitolo riservato alle linee aeree. Quindi si profila un buco normativo che potrebbe mettere in ginocchio l’intero sistema britannico. E Ryanair che negli ultimi anni ha investito molto sul Paese, ora comincia a fare una rapida marcia indietro: in Gran Bretagna impiega circa 3mila persone che contribuiscono a mantenere un traffico da 44 milioni di passeggeri. Una scelta che la stessa compagnia ha messo in pratica negli ultimi mesi: nelle 19 basi esistenti nel 2017 la crescita prevista scivolerà dal 15% ad un timido 6%.
Il pericolo è “molto realistico” avverte il vettore irlandese, visto che la Brexit si completerà nel marzo 2019 ma tutti i voli vanno “schedulati” l’anno precedente e quindi nel 2018. Manca quindi un anno prima di mettere in crisi l’intero sistema aereo britannico.
Per Kenny Jacobs, numero due di Ryanair, “a nove mesi dal referendum sulla Brexit non sappiamo ancora quali saranno gli effetti sull’aviazione civile. Appare purtroppo molto chiaro il fatto che il governo di Londra non abbia un’idea sul come uscire dall’impasse e manca al momento anche un piano B. Quindi comincia a profilarsi la possibilità che nessun volo possa essere mantenuto tra l’Uk e il resto del Vecchio Continente. Ora bisogna che il governo – conclude Jacobs – meta al primo posto in agenda un piano specifico per l’aviazione civile”.
Lucio Cillis, La Repubblica