La nuova Rai renziana indipendente e libera dai partiti riparte dalle epurazioni e dai bavagli.
Per l’ironia della storia, buy a finire sul banco degli imputati è Rai Tre, la cara vecchia Telekabul che nei decenni uno si era abituato a vedere attaccata a testa bassa dalla destra al grido di «faziosi!» e difesa palmo a palmo dalla sinistra in nome del pluralismo del servizio pubblico. Tutto ribaltato: perché nell’era di Renzi, anche essere di sinistra nel modo sbagliato è passibile di editto etrusco. L’ultima vittima sacrificale di premier e Pd si chiama Massimo Giannini, ed è reo di avere fatto una puntata di Ballarò sul caso Boschi-Etruria. Colpo durissimo alla narrazione tutta oleografia e understatement imposta dallo spin renziano e colpa oltre il grave che invoca il lavacro nel sangue. Ad istruire la pratica è Michele Anzaldi, parlamentare renzianissimo cui le alte sfere hanno delegato il cruciale compito di vigilare sul settore radiotelevisivo. Il quale istruisce la pratica e, già che c’è, arriva pure a sentenza: Giannini va cacciato. «Ho trovato esagerato il licenziamento di Azzalini (il capostruttura del flop di Capodanno su Rai Uno, ndr)», afferma il deputato, «in Rai si vedono cose ben peggiori, tipo quello che è successo a Ballarò». Un’onta che per il renziano va raddrizzata con ogni mezzo, dalle carte bollate («Il conduttore Massimo Giannini ha affermato che sul caso Boschi-Banca Etruria c’è un “rapporto incestuoso”. È un’affermazione vergognosa, che avrà risvolti giuridici pesanti. Mi auguro che Boschi lo quereli») al benservito («C’è stato un cambio di rotta, ora si vada fino in fondo. Serve la stessa determinazione. Ballarò non è più una trasmissione di qualità»). Il guaio è che l’idea di farla pagare all’ex vicedirettore di Repubblica va prendendo piede anche a piani più alti di quelli frequentati da Anzaldi. Secondo il renzianissimo consigliere di amministrazione Guelfo Guelfi, quanto andato in onda nella trasmissione di Giannini «è una cosa brutta». Anche al membro del cda non è andata giù l’espressione «rapporto incestuoso» con cui il conduttore ha descritto il coacervo di interessi intorno alla nota vicenda bancaria: «Bisogna avere il controllo di se stessi se si parla al pubblico», rampogna Guelfi, «ci vuole più attenzione con le parole». Ma non di solo Ballarò vive la rappresaglia democratica. L’altro bersaglio è il Tg3, accusato dai renziani – e non da oggi – di tirare la volata ai Cinque stelle a scapito del Pd. Ieri nuova puntata dello psicodramma, col telegiornale che osa espungere dal servizio sulla sfiducia il battutone di Renzi su Quarto ed i fedelissimi a rampognare per la mancanza. Vale per tutti la renzianissima Alessia Morani: «Taglio chirurgico al Tg3, dalle parole di Renzi in Senato tolti riferimenti a Quarto e M5s. Eseguiti gli ordini del blog di Grillo».
di Marco Gorra