Boldrini: «Non lasciamo il Web nelle mani di potenti e prepotenti»

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boldriniDi Martina Pennisi

La “carta” italiana presentata dal presidente della Camera nasce dalla commissione presieduta da Stefano Rodotà: 14 punti da discutere su un’apposita piattaforma online

Internet non è più la stessa. Non è, come agli albori, un terreno incolto su cui far germogliare idee, contenuti e spunti imprenditoriali. È uno spazio popolato da 3 miliardi di persone con equilibri economici e sociali sempre più strutturati che si basano soprattutto sul ruolo di chi è ormai diventato il filtro per la navigazione. La porta, anzi le porte, per accedere alla Rete: Google, ma anche Facebook e Twitter, dettano nel bene e nel male tempi e modi di accesso. Si pensi alla, sacrosanta, decisione di cancellare i video della decapitazione di James Foley o al principio secondo cui i servizi vengono erogati gratuitamente in cambio di dati personali e sulla navigazione da vendere agli inserzionisti pubblicitari. Decisioni e meccanismi di colossi privati che, di fatto, diventano legge in uno spazio senza norme specifiche dedicate. E proprio nelle ore in cui Google sta diffondendo i primi dati sulle effettive rimozioni eseguite dopo l’applicazione del diritto all’oblio, l’Italia ha fatto la sua proposta, inserendosi in un dibattito globale che ha nel Marco Civil brasiliano la prima e più importante presa di posizione. A presentare a 27 parlamentari europei la Dichiarazione dei diritti di Internet la presidente della Camera Laura Boldrini, che ha fortemente voluto la nascita della commissione di esperti e parlamentari presieduta dal giurista Stefano Rodotà. Ne sono venuti fuori 14 punti che dal prossimo 27 ottobre saranno aperti a commenti e segnalazioni su una piattaforma online dedicata per 4 mesi.

Il web mezzo preferenziale per le proposte politiche
“Ritengo che la partecipazione democratica sia molto importante in questa fase”, ha dichiarato al Corriere della Sera Boldrini, “bisogna riavvicinare i cittadini all’istituzione parlamentare e far fronte alla crisi di partecipazione e al disamore per la politica”. Internet, secondo la presidente, è quindi sia oggetto delle proposte sia mezzo preferenziale per renderle più incisive. Abbastanza evidente il cambiamento di approccio dallo scorso anno, quando in cima alla lista delle priorità della presidente c’era il problema dell’odio online e la necessità di arginarlo: “Ci sono aspetti negativi contro le minoranze o le donne e li ho sperimentati anche sulla mia pelle, ma si sta parlando di uno strumento troppo importante per lasciarlo in mano ai prepotenti e ai potenti. Il cittadino ha dei diritti che devono essere rispettati”. Il riferimento è appunto al ruolo predominante assunto dai colossi e alla loro gestione dei nostri dati, oltre che agli abusi di singoli o gruppi. “La consapevolezza sull’utilizzo è la miglior tutela”, afferma Boldrini. E la carta è strutturata proprio per (tentare di) gettare e principi di tutte le interazioni, a partire dal riconoscimento dei diritti fondamentali internazionali di ogni persona anche online.

L’accesso a Internet è un diritto
La dimensione globale è essenziale: il documento ha come primo scopo quello di ispirare eventuali interventi legislativi in seno al nostro Parlamento ma, come spiega Rodotà al Corriere della Sera, “vogliamo inserirci nel dibattito che secondo il Berkman Center vede 87 proposte in tutto il mondo. Siamo già in contatto con le persone che hanno scritto la legge brasiliana e con Germania, Francia e Regno Unito. Il 12 novembre presenteremo la carta a Bruxelles”. La strada è lunga e l’obiettivo a cui il giurista punta da 4 anni, l’inserimento del diritto all’accesso a Internet in Costituzione, è ancora tale. L’Italia oggi si propone come traino, quantomeno in Europa approfittando del semestre nostrano di presidenza e provando a tirare la volata al nuovo commissario al Mercato unico digitale Andrus Ansip. Il diritto di accesso, tanto caro a Rodotà, è in cima alla lista, secondo punto del documento: “Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”. Si parla di “diritto fondamentale” non solo di accesso ma anche di scelta di sistemi operativi, software e applicazioni. E si mette il dito nella piaga degli “interventi pubblici per il superamento di ogni forma di divario digitale”. Colonna portante del ragionamento, sottolinea il giurista, è “la prevalenza dei diritti sulle logiche economiche”. Ecco che, quindi, si ribadisce l’importanza della neutralità della Rete sia fissa sia mobile anche “in riferimento alla produzione di innovazione”. La possibilità, dibattuta negli Stati Uniti ma anche in Europa, di creare una corsia preferenziale per l’erogazione dei contenuti è quindi respinta a chiare lettere. C’è anche da dire che buone intenzioni di questo tipo hanno caratterizzato tutti i dibattiti sull’argomento, anche quelli indirizzatisi poi verso le due velocità.

L’uso dei dati deve essere trasparente
I mesi caldi per il destino del regolamento del Vecchio Continente sono proprio quelli fino a fine anno . Rodotà ribadisce: “La neutralità della Rete è la garanzia del mantenimento della capacità di innovazione e libertà espressa da Internet fino a oggi”. Ampia la parte dedicata alla tutela e al controllo dei dati personali. Le informazioni, secondo la carta, vanno raccolte e trattate “con il consenso effettivamente informato della persona interessata”, “ogni persona ha il diritto di accedere ai propri dati, quale che sia il soggetto che il detiene o il luogo in cui sono conservati, per chiederne l’integrazione, la rettifica, la cancellazione secondo le modalità previste dalla legge” e “l’uso di algoritmi e di tecniche probabilistiche (per la costruzione dell’identità, ndr) deve essere portato a conoscenza delle persone interessate”. Rodotà riassume chiedendo “più trasparenza da parte delle grandi aziende sui meccanismi di tracciamento dei dati” e passa al “diritto all’anonimato che garantisce alla persona di manifestare il proprio pensiero scongiurando la censura. Si pensi ai dissidenti”. Il confine è in questo caso fra il diritto e la necessità di intervenire per reprimere comportamenti illeciti o la diffamazione, oggetto – fra l’altro – di un discusso disegno di legge al Senato che introduce la rimozione degli articoli online in 24 ore. Facebook intanto, come sappiamo, spinge per farci iscrivere con nome e cognome reali.

Tra diritto all’oblio e diritto all’informazione
Si torna sul dibattuto tema del diritto all’oblio. Proprio in queste ore Google ha reso disponibili i primi dati sulle 146mila richieste di cancellazione di pagine non ritenute più rilevanti dai suoi risultati di ricerca. In più della metà dei casi, il 58,2%, non c’è stata effettiva rimozione. L’Italia, con le sue 11mila richieste, si è vista dire no nel 75,8% dei casi. La carta ribadisce il principio di inoltrare domande di questo tipo ma si focalizza anche sul “diritto di informazione”, che esclude di fatto politici e personaggi noti. Ogni richiesta accolta può inoltre essere impugnata davanti a un giudice, sempre in nome del diritto ad accedere alla conoscenza. Questo aspetto è particolarmente delicato anche per il tema della tutela del diritto d’autore: “Non l’abbiamo affrontato per mancanza di tempo ma lo faremo nelle prossime settimane. Bisogna approfondire lo statuto giuridico della conoscenza in Rete”, anticipa Rodotà. Il confine, in cui si è avventurato di recente anche il commissario Agcom Antonio Nicita, è quello che separa la lotta alla pirateria sostenuta (anche) dal Regolamento del Garante e l’accesso ai contenuti. La carta getterà le basi, al legislatore il compito di sbrogliare la matassa.

Corriere della sera