Si preannunciano tempi di radicali cambiamenti nei cieli atlantici. Dopo tre anni di battaglie e ritardi, Norwegian Air International (NAI) ha infatti finalmente ottenuto il via libera dallo U.S Department of Transportation (DOT) e ha potuto così annunciare l’estensione del suo network tra Europa e Stati Uniti.
A partire da luglio i Boeing 737 MAX di NAI (sussidiaria di Norwegian Air Shuttle) inizieranno le operazioni dalle città di Dublino, Cork, Shannon e Belfast verso Providence, in Rhode Island, a novanta minuti di macchina da Boston. Pochi mesi dopo verranno aperte le rotte che riguardano direttamente l’aeroporto romano di Fiumicino: a novembre verso New York e Los Angeles, a febbraio verso San Francisco. E se le cose andranno bene, il network verrà ulteriormente allargato.
La resistenza delle compagnie tradizionali
L’ingresso di NAI nel mercato transatlantico non lascia presagire nulla di buono per le compagnie tradizionali, finora padrone quasi assolute dei cieli atlantici. Lo dimostra anche la strenua opposizione delle grandi compagnie statunitensi ed europee al rilascio delle autorizzazioni, che ha di certo avuto un peso rilevante nei ritardi del DOT (tre anni di tempo quando di solito bastano un paio di mesi).
I vettori tradizionali (insieme ai sindacati) da tempo accusano NAI di utilizzare una bandiera di convenienza per poter pagare di meno gli equipaggi e aumentare così la competitività in maniera scorretta. Al di là di quanta verità ci sia in simili accuse, appare chiaro che di fondo c’è la paura non solo di vedersi soffiare larghe fette di mercato da parte di NAI, ma anche che si inneschi un “effetto domino” che potrebbe portare altre LCC (Low Cost Company) a gettarsi nel mercato transatlantico.
NAI, per di più, ha adottato una tattica piuttosto aggressiva per riuscire a penetrare in questo settore, uno dei più maturi del mercato globale dell’aviazione civile.
Da un lato, infatti, il vettore ha adottato il modello classico delle low-cost: basi in aeroporti secondari e bassi costi operativi. Dall’altra, ha avviato il suo ingresso con prezzi decisamente più bassi rispetto a quelle che saranno poi le tariffe a regime.
Come ha raccontato Lars Sande – Sales Vice president di NAI – a CAPA (centro studi australiano tra i più accreditati al mondo), nel mese di aprile in circa due ore sono stati venduti tra i 7mila e 10mila biglietti al prezzo di 69 euro. Una volta a regime – circa 12 mesi, secondo le previsioni di Sande – i prezzi oscilleranno tra i 160 e i 340 euro, a seconda della tratta e del periodo in cui si prenota.
Le cose non saranno comunque facili per NAI: il predominio che le compagnie tradizionali detengono in questo mercato difficilmente sarà intaccato, almeno nel breve e medio periodo.
Basti pensare che le tre grandi alleanze globali – Oneworld, SkyTeam e Star Alliance – detengono circa il 70% delle quote del mercato transatlantico, mentre NAI finora deve accontentarsi di circa il 3% (sebbene nell’estate 2017 abbia aumentato i suoi posti totali del 67%), piazzandosi solo al decimo posto tra le compagnie che operano tra le due sponde dell’Atlantico.
Un test per altre LCC
Resta comunque il fatto che quella di NAI rappresenta non solo una sfida alle grandi compagnie, ma anche un test per altre LCC solleticate dall’idea di lanciarsi sulle rotte transatlantiche. Saranno in molti, infatti, quelli che staranno alla finestra per vedere come andranno le cose per Norwegian.
Sulla sponda statunitense il vettore più interessato è JetBlue, che non a caso è stata tra le compagnie che più hanno pressato il DOT per far ottenere a Norwegian le necessarie autorizzazioni. A spingere il vettore con sede a New York è stato il timore che la Commissione Europea avrebbe potuto ripagare con la stessa moneta utilizzata dalle autorità statunitensi un’eventuale richiesta di aprire voli verso il Vecchio Continente. Ipotesi non del tutto campata in aria, viste le proteste che qualche mese fa sono partite da Bruxelles alla volta di Washington.
L’ipotesi di estendere le operazioni verso l’Europa sta prendendo sempre più corpo presso i vertici di JetBlue, soprattutto dopo l’inaspettato successo del programma Mint. Attivo tra le due coste degli Stati Uniti e verso alcune destinazioni dei Caraibi, questo servizio premium potrebbe essere replicato anche sulle tratte transatlantiche, garantendo buoni introiti.
Poi c’è il colosso irlandese Ryanair. Divenuta ormai leader in Europa, il vettore con l’arpa potrebbe infatti pensare a un’espansione verso il redditizio mercato statunitense. In realtà, Ryanair già da tempo sta pensando a un’espansione verso Ovest.
Finora però non ha fatto nessun passo avanti. Per ora sta intrattenendo colloqui informali con NAI proprio per valutare la fattibilità della creazione di una partnership, che permetterebbe di avere più probabilità di successo nella competizione con le altre grandi alleanze in questo settore di mercato.
Tra pochi mesi sapremo se ne uscirà fuori qualcosa di concreto.