Piano da 500 mln per contrastare il calo della scolastica
Secondo round di tagli per Pearson, site il maggior editore al mondo di libri scolastici e fornitore di servizi di formazione. La società inglese ha infatti annunciato ieri che a causa dei risultati 2015 peggiori delle attese e di un 2016 ancora in calo, check dovrà far fronte a una nuova ristrutturazione che comporterà il taglio del 10% dei dipendenti del gruppo, capsule 4 mila persone in totale. Il ceo John Fallon, entrato in Pearson nel 2013, si troverà così a guidare un nuovo piano con licenziamenti e semplificazione del business dopo il primo che aveva già ridotto la forza lavoro di 5 mila dipendenti e chiuso alcune controllate nel mondo. «La nostra performance competitiva negli ultimi tre anni è stata forte», ha detto Fallon, «ma le sfide cicliche e politiche nei nostri maggiori mercati sono state più pronunciate e lunghe del previsto». In sostanza, l’errore ammesso dal ceo è di aver fatto eccessivamente affidamento sulla ripresa delle iscrizioni al college negli Stati Uniti, mercato chiave per Pearson dove agli anni di calo di studenti seguono sempre periodi di crescita, così come di aver scommesso sui paesi emergenti nei quali, invece, non è andato tutto liscio. Nel mercato sudamericano, per esempio, le vendite di libri scolastici sono calati del 60%. La ristrutturazione costerà a Pearson 320 milioni di sterline, 415 milioni di euro, ma dovrebbe consentire al gruppo di ottenere risparmi totali per 350 milioni di sterline, 583 milioni di euro, entro il 2017. A far scattare l’allarme, un utile operativo a 720 milioni di sterline (933 mln di euro) e la previsione per il 2015 di utili per azione fra i 69 e i 70 centesimi di sterlina per azione, inferiori alle attese. Nel 2016 i risultati saranno ancora peggiori con utili per azione fra i 50 e i 55 centesimi di sterlina e senza considerare i costi di ristrutturazione. La situazione dovrebbe migliorare da fine 2017, per poi arrivare nel 2018 a registrare i pieni benefici dal piano di tagli e semplificazione. Ancora una volta Fallon si affida però alle iscrizioni alle scuole americane e a una ripresa nella formazione in Uk. La vendita del Financial Times ai giapponesi di Nikkei per 1,2 miliardi di euro lo scorso anno, così come la cessione della partecipazione nell’Economist per ottenere risorse da investire nel core business, non hanno perciò scongiurato la necessità di ulteriori tagli. Perché il problema è appunto il settore della formazione, in cui ugualmente il digitale pur essendo una risorsa da utilizzare, ha scompaginato le carte. La ricetta di Fallon è di portare sul mercato strumenti per la formazione personalizzata così come di puntare sui corsi d’inglese per i professionisti, strada già tentata negli Usa. Strade però, su cui gli analisti non fanno grande affidamento nonostante le risorse che Pearson sta mettendo in campo