L’Italia sta cercando di migliorare il suo ecosistema di ricerca e innovazione nelle Scienze della Vita, ma c’è ancora molta strada da fare per raggiungere i paesi più avanzati. Secondo l’Ambrosetti Life Sciences Innosystem Index 2023, l’Italia si trova all’8º posto su 25 Paesi dell’Unione Europea, con un punteggio complessivo di 4,42 su 10. Sebbene abbia guadagnato una posizione rispetto al 2020, resta lontana dai primi posti occupati da Danimarca, Germania e Belgio.
Ci sono buone notizie: l’Italia si distingue per l’efficacia del suo ecosistema innovativo, piazzandosi al secondo posto in Europa, subito dopo la Germania. Vanta il secondo posto nell’UE per il numero di pubblicazioni scientifiche nelle Scienze della Vita e il terzo posto per le esportazioni di prodotti farmaceutici e medicali.
Tuttavia, ci sono anche sfide da affrontare. L’Italia è al 12º posto per il capitale umano qualificato, con una percentuale bassa di laureati nelle materie Life Sciences e laureati Stem. Inoltre, l’Italia è al 14º posto per la quota di ricercatori attivi nelle Scienze della Vita.
La “fuga dei cervelli” è un problema significativo. Molti giovani ricercatori italiani emigrano all’estero alla ricerca di migliori opportunità e stipendi più competitivi. Gli ecosistemi internazionali attraggono principalmente per i finanziamenti disponibili e l’alta qualità della ricerca scientifica. Solo un numero limitato di ricercatori prevede di tornare in Italia.
Per migliorare la competitività dell’Italia in questo settore, è necessario investire in capitale umano qualificato, offrire migliori incentivi ai ricercatori e creare un ambiente di lavoro più meritocratico. Inoltre, l’Italia deve incrementare gli investimenti in ricerca e sviluppo e migliorare la collaborazione tra ricerca e industria. Molti ricercatori italiani non ritengono che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sia sufficiente per rilanciare l’ecosistema di ricerca.