La competizione fiscale si gioca sugli ultra-ricchi e sui lavoratori mobili. È rallentata la corsa ad abbassare le aliquote fiscali per attirare società (vuote o reali che siano): ora i paesi si concentrano sull’offerta di regimi fiscali attrattivi per i non residenti sulla scia della globalizzazione e della digitalizzazione, come dimostrato anche dall’aumento dei nomadi digitali durante la pandemia. In risposta a questa tendenza, i governi europei non solo hanno introdotto regimi fiscali allettanti per individui con patrimoni elevati e lavoratori altamente qualificati (come evidenziato dai regimi dedicati ai Paperoni o agli impatriati in Italia), ma hanno anche ridotto le aliquote più elevate dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef). Se le aliquote medie dell’imposta sul reddito delle persone fisiche nell’Unione europea non hanno subito riduzioni significative dal 2008-2009, le aliquote massime dell’Irpef, invece, sono diminuite in 21 stati membri dell’Ue, e la tassazione sul capitale è stata ridotta a livello generale. Cambiamenti che sono anche collegati a movimenti migratori motivati da ragioni fiscali. Ma se non si prevede un’imminente azione coordinata a livello Ue, il pericolo è quello di un’erosione generale delle entrate Irpef, sulla falsariga di quanto è già avvenuto per le imposte sulle società. Lo riporta la Commissione europea nella Relazione annuale in materia di fiscalità del 2023, in cui vengono analizzati i dati più recenti dei sistemi fiscali dell’Ue e vengono individuate le modalità per il miglioramento della politica fiscale.
L’imposta sul reddito delle persone fisiche è una delle principali fonti di entrate per i paesi dell’Ue. Man mano che questa base imponibile diventa più mobile, anche la concorrenza tra i paesi per attrarla diventa più importante. Uno studio pubblicato dal Parlamento europeo nel 2022 ha dimostrato che gli individui con un patrimonio netto elevato sono altamente sensibili agli incentivi fiscali, il che rende più probabile che i cambiamenti nella tassazione del reddito e della ricchezza stimolino risposte in termini di migrazione. Ciò sottolinea gli impatti potenziali di tali regimi e sottolinea l’importanza di regolamentarli ulteriormente all’interno degli stati membri dell’Ue, come indica la Commissione europea. I regimi fiscali per le persone fisiche sono al di fuori della lente sia dell’Ocse, che valuta i regimi fiscali dannosi per le imprese, sia del Codice di condotta per la tassazione delle imprese dell’Unione europea (il gruppo che promuove la concorrenza fiscale leale in sede di Consiglio Ue). La necessità di un’azione dell’Ue in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche è già stata ribadita sia dalla Commissione che dal Parlamento. I regimi speciali Irpef possono quindi creare distorsioni economiche all’interno degli stati membri. Ciò si verifica quando aliquote fiscali diverse vengono applicate a contribuenti con lo stesso reddito, secondo il principio di equità orizzontale. Si rischia inoltre di rendere più difficile per i sistemi fiscali contribuire alla redistribuzione. Gli studi, infatti, suggeriscono che i cittadini dell’Ue meno mobili potrebbero dover affrontare aumenti dell’imposta sul proprio reddito per compensare la perdita di entrate causata da questi regimi.
I paesi che offrivano esenzioni e aliquote speciali per gli individui stranieri altamente qualificati e con un elevato patrimonio erano solo 5 nel 1998, mentre nel 2021 erano 28 in tutto il mondo.
Questi regimi si rivolgono a gruppi specifici e, sebbene possano, non richiedono necessariamente l’esistenza di attività o competenze economiche. Alcuni regimi si rivolgono agli individui in base al loro livello di reddito e sono progettati per attrarre individui con un patrimonio netto elevato. Non sono progressivi poiché solitamente vengono offerti tassi forfettari e somme forfettarie. Altri regimi si riferiscono al reddito guadagnato durante lo svolgimento di una specifica attività economica. Questi programmi forniscono ai nuovi residenti benefici fiscali a seconda della loro professione o qualifica e vengono concessi a condizioni specifiche e possono essere applicati per un periodo di tempo limitato. I benefici includono aliquote speciali o detrazioni che riducono sostanzialmente l’aliquota fiscale effettiva pagata dai nuovi individui rispetto al resto dei residenti fiscali. Infine, esistono anche regimi che si rivolgono ai pensionati per attrarre individui con un potere d’acquisto superiore alla media e, ancora una volta, prevedono un trattamento fiscale diverso tra questi individui e gli altri residenti fiscali.
I regimi preferenziali costano alle casse dei paesi dell’Ue 4,5 miliardi di euro all’anno, con almeno 200 mila individui che beneficiano di questi regimi nell’Ue e nel Regno Unito, secondo le stime dell’Osservatorio fiscale dell’Unione europea. Sebbene alcuni Stati membri possano trarre vantaggio dall’introduzione di questi regimi preferenziali, essi comportano un costo per altri stati membri (come accade analogamente per la tassazione delle società). Questi regimi possono, nel breve termine, aumentare le entrate di uno stato membro man mano che aumenta la sua base imponibile (cioè, più reddito da tassare), riducendo al contempo le tasse per questi contribuenti. Le entrate fiscali potrebbero anche aumentare indirettamente attraverso il loro contributo all’economia (lavoro e capitale) e gli effetti di ricaduta derivanti dal loro consumo relativamente elevato. Tuttavia, se tali sviluppi non coordinati si trasformassero in una corsa al ribasso, potrebbero erodere considerevolmente la base imponibile in tutti gli Stati membri dell’Ue, riducendo il gettito delle casse dei paesi Ue per investire nella spesa pubblica.
Matteo Rizzi, ItaliaOggi Sette