(di Tiziano Rapanà) Latte e biscotti. La sera, a cena, davanti a tutti. Spudoratamente proporre l’inzuppo che di solito viene riservato al rito del primo mattino, quello sancito dalla sveglia. Così si deve accogliere il giorno che ti porta all’ennesima giornata mondiale dedicata alla carbonara (si festeggia il 6 aprile). Troppo facile proporre l’amatriciana (“Ah sì? E io mi preparo l’amatriciana con la pancetta a cubetti!”), bisogna insistere con il latte e biscotti. Rigorosamente da forno sotto casa, con la data di scadenza scritta con il pennarello. Bravi tutti voi che celebrate e osannate. Anch’io mi unisco al coro: “Viva la carbonara” e viva sì, però prima dedichiamo una giornata tutta per l’essere umano e poi ne parliamo. Pizza, pasta e via così, l’essere umano non viene preservato mai. Latte e biscotti, sposalizio perfetto per chi cerca una vanità fatta di vocaboli polisemantici (gli spogliati di fantasia si accontenteranno ad aspirare ad una realtà tutt’una). Biscotto ma non dico biscotto: inzuppo per godere dell’insolito che deride il ciclico, l’usualità che si ripete, la festa comandata che non comanda perché non chiude le scuole e gli uffici. Com’è la pasta? Al dente? E la carbocrema? Mi raccomando fatela con i tuorli. Non insistete con la cottura, altrimenti è frittata e tra qualche giorno si celebra la giornata mondiale della carbonara. Non potete andare fuori tema.
P. S. Il mio cuore sarà sempre propenso alla lode della carbonara, ossia l’abc della nostra gastronomia. Ma pensiamo a chi non arriva al diciotto del mese, celebriamo i tanti che conoscono il dramma dell’esistere senza consolazioni.