La Biblioteca nazionale di Napoli acquisisce un nuovo prezioso autografo di Giacomo Leopardi. si tratta di una lettera a carattere privato, firmata dal poeta di Recanati, inviata al cugino Giuseppe Melchiorri.
Il Ministero della Cultura ha esercitato il diritto di prelazione assicurandosi l’autografo e impedendo che venisse venduto a privati. La lettera missiva entra a far parte del prezioso fondo Leopardiano della Biblioteca, che custodisce in originale l’opera di Giacomo Leopardi e oltre il 90% delle corrispondenze inviate da parenti e amici allo stesso Leopardi.
“La Biblioteca è orgogliosa di essere custode dell’eredità del poeta più amato dagli italiani, ed è da tempo impegnata, con il sostegno della Direzione Generale Biblioteche del MiC, diretta da Paola Passarelli, in un costante e paziente sforzo di ricognizione per integrare ulteriormente anche il nucleo delle lettere scritte, invece, dal poeta a letterati, familiari e amici, delle quali spesso si sono perse le tracce, compromesse dall’avvicendamento degli eredi”, il direttore Maria Iannotti. “L’epistolario leopardiano si rivela di fondamentale importanza per una maggiore comprensione della personalità e del pensiero di Leopardi – continua – svelando aspetti artistici, poetici e personali legati a specifici luoghi e momenti storici. Le testimonianze autografe delle lettere permettono di accertare e confermare fatti, già noti in letteratura e citati nelle copie pubblicate. La Direzione Generale Biblioteche del Ministero della Cultura con il suo intervento ha permesso dal 2018 ad oggi l’acquisizione di ben 6 lettere leopardiane di particolare interesse bibliografico e storico e questa non è da meno”.
La lettera è datata ‘Recanati 29 agosto 1823’ e indirizzata al marchese Giuseppe Melchiorri a Roma, e cita la rottura con Visconti, la morte di Papa Pio VII e il successivo conclave. La lettera è stata acquistata ripiegata e imbraghettata nel primo volume dell’Epistolario del poeta, edito da Le Monnier, Firenze, del 1883, edizione in cui la lettera non risulta, quasi a riempire la lacuna, mentre è presente nell’ultima edizione completa dell’epistolario, a cura di Franco Brioschi e Patrizia Landi (Torino, Bollati-Boringhieri, 1998, 2 voll), pubblicata col numero 583 nel primo volume alle pp. 747-47. Brioschi la riprende da Prospero Viani che la pubblica riportandola dalla copia apografa nel 1878.
L’autografo riveste particolare interesse documentale perchè fa parte delle missive dal tono più intimo scambiate tra Giacomo e i suoi familiari, in particolare Carlo e Paolina, e gli amici più stretti (Brighenti, Giordani, Melchiorri). Da essa traspare una scrittura meno metodica e un tono fraterno, ma soprattutto, come anche nelle altre lettere indirizzate al cugino, la voglia di condividere dispiaceri e inquietudini, opinioni e giudizi, speranze e delusioni. E si apre con un riferimento allo screzio tra Melchiorri e Visconti e un commento sull’importanza dell’amicizia: “Veramente le amicizie o non si dovrebbero mai stringere, o strette che fossero non si dovrebbero mai rompere. Sono però ben certo e bene persuaso che la colpa in ciò non sia stata vostra”.
Il rapporto epistolare tra Leopardi e Giuseppe Melchiorri, figlio della sorella del padre ,Ferdinanda, inizia con la lettera di Melchiorri del 26 dicembre 1821 e durerà circa 10 di dieci anni (1822-1832) rendendosi più fitta negli anni 1822-25. Con il cugino, Giacomo intrattiene una corrispondenza pervasa di accenti di affettività simili a quelli riservati al fratello Carlo. I due cugini sono infatti quasi coetanei e grazie alla confidenza acquisita nel corso della frequentazione, durante i soggiorni romani di Giacomo, si confidano opinioni e giudizi.
L’autografo acquisito è spedito subito dopo il primo soggiorno romano di Giacomo. Dalla lettera troviamo conferma di come anche il linguaggio tra i due, inizialmente formale, sia diventato più affettuoso (“Caro Peppino”, inizia la lettera) espressione di un chiaro sviluppo del rapporto tra i due cugini. Melchiorri è molto vicino a Leopardi in quegli anni e condivide con lui l’amore per gli studi filologici.
Nella lettera troviamo riferimento, infatti, agli “stamponi” che attengono il lavoro di Leopardi ‘Annotazioni sopra la Cronica d’Eusebio’ e si riporta la discussione tra due cugini sulla collezione dei classici latini edita da Pomba, editore torinese, tra il 1818 e il 1835 dal titolo ‘Collectio Latinorum scriptorum cum notis’.