All’inaugurazione del Salone nautico di Genova dello scorso 30 settembre il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio era stato chiaro: «Per la riforma dei porti abbiamo già preparato il decreto legislativo, sildenafil stiamo definendo gli ultimi dettagli per la riforma della governance. Andiamo bene, il decreto è pronto». E il giorno successivo, il 1° ottobre, nell’incontro con i deputati del Pd, si è sbottonato un po’ di più sui contenuti del decreto attuativo della riforma dei porti italiani. Fissando in 14 (nell’ultima versione erano 15, i 14 porti core, ovvero i porti strategici a livello Ue inseriti nella rete Transeuropea, sale più Civitavecchia), dalle precedenti 24, il numero delle Autorità portuali che adesso diventano Autorità di sistema portuale (logistica compresa): l’obiettivo, infatti, è di colmare almeno in parte le inefficienze del sistema logistico che ammontano a 50 miliardi. La scelta principe – ha spiegato il ministro ai deputati presenti – è quella di far lavorare insieme i sistemi portuali con uguale peso nei cda, non di premiare gli uni e cancellare gli altri. Insomma, la linea da seguire è quella di Livorno e Piombino che già prima dell’ok definitivo alla riforma stanno lavorando insieme, in un sistema sinergico. Un approccio soft, probabilmente per addolcire la pillola a quei porti che, in un paese campanilistico come l’Italia, vedranno trasferirsi la sede dell’Autorità portuale nella banchina dei vicini. Secondo le indiscrezioni trapelate, nel decreto ormai pronto sono stabiliti gli accorpamenti – partendo da Ovest – tra Genova e Savona (sede a Genova), Livorno e Piombino (sede a Livorno), Napoli e Salerno (sede a Napoli), Cagliari e Olbia (sede a Cagliari), Palermo e Trapani (sede a Palermo), Augusta, Messina e Catania (con sede ancora da stabilire, perché Augusta è il porto core ma le altre due città “pesano” di più). A queste 6 Autorità portuali si aggiungono altre 6 per le quali non è previsto nessun accorpamento, vale a dire Civitavecchia (unico porto non core, ma in pratica porto di Roma), Gioia Tauro, Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste. Il primo dubbio sciolto, quindi, è quello di mantenere separati i porti di Ancona e Ravenna, in una ipotesi precedente accorpati. Il secondo interrogativo risolto — speculare a quello di salvaguardare Emilia e Marche — è di individuare una sola Autorità portuale in Puglia che accorpa Bari, Taranto, Brindisi e Manfredonia, con la sede che con ogni probabilità sarà a Taranto (anche Bari è porto core e per questo in un primo momento si era pensato a due Autorità pugliesi). La 14esima Autorità portuale — e in questo caso il dubbio non è ancora sciolto del tutto — è quella di La Spezia con Carrara. Questa vicenda, però, è ancora aperta, perché le istituzioni di Carrara — con il governatore toscano Enrico Rossi in testa — vogliono restare in Toscana e non passare sotto la giurisdizione ligure. Se la spunteranno in extremis, Carrara resterà in Toscana e andrà accorpata con Livorno e Piombino. Delrio ha poi annunciato e spiegato le nuove norme sui dragaggi, per semplificare e snellire le procedure, e lo sportello unico doganale. Quanto alla costituzione delle Aslp ha specificato che avranno compiti su tre argomenti: Piani regolatori portuali, Piano operativo triennale e pianificazione infrastrutturale, concessioni portuali rilevanti. Si tratterà di strutture leggere, con un consiglio di amministrazione composto dal presidente, un delegato della Regione, uno della Città Metropolitana dove esiste, con la novità, rispetto al testo iniziale, che vi faranno parte anche i delegati dei sindaci delle città sede di Autorità portuale (altrimenti in Puglia ci sarebbe stata solo Bari in un’Autorità con sede a Taranto). Resterà il segretario generale dell’Autorità e nei porti il governo sarà assicurato da direttori nominati dal presidente della Aslp che resteranno in carica quanto il presidente. (Corriere.it)