(di Tiziano Rapanà) Mimmo Lucano è stato condannato in primo grado a 13 anni e due mesi di reclusione, per illeciti in relazione ai progetti di accoglienza degli immigrati (falso in atto pubblico e in certificato, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, abuso d’ufficio e peculato). Le varie tifoserie si esprimono al riguardo, esibendo un pressappochismo infantile. Twitter pullula di commentatori che festeggiano o esprimono con veemenza il loro lutto per la triste sorte dell’ex sindaco di Riace. Di Lucano si è scritto tanto in questi anni. Wim Wenders gli ha dedicato un cortometraggio, Il volo, interpretato da Ben Gazzara. Negli archivi Rai esiste una fiction sulla vita di Lucano, con protagonista Beppe Fiorello, mai andata in onda. Riace è diventata un caso studio sull’immigrazione, che ha ricevuto le lodi di Saviano ed altri nomi eminenti nella galassia della sinistra internazionale. Spero per Lucano che la sentenza venga ribaltata in appello, gli auguro un destino permeato dalla bolla benevola della serenità. Penso tuttavia sia il caso di trattare in maniera seria il tema dell’accoglienza. Al bando l’ideologia, la propaganda che vede primeggiare da un lato Salvini e dell’altro l’ex sindaco di Riace e compagnia varia. Serve una risposta pragmatica e risolutiva dello Stato e dell’Unione Europea, finiamola con il tempo delle fiabe. Bisogna contrattare, farsi valere e pretendere una fattiva solidarietà tra i vari stati membri dell’Unione. Si deve potenziare il processo della ripartizione dei migranti e dell’integrazione, eliminando una volta per tutte quella schifosa ignominia altresì definita dumping sociale. Non è vero che gli immigrati fanno lavori che gli italiani non vogliono più fare. Gli italiani non vogliono essere sfruttati da alcuni mascalzoni, che lordano l’immagine della classe imprenditoriale italiana. Che si insista per introdurre il salario minimo per mansione, altrimenti si reitera una guerra tra poveri che alimenta una propaganda sciocca e inconcludente. Non abbiamo bisogno di eroi, ma di funzionari e servitori dello Stato che sappiano far bene il loro lavoro.