“L’Italia deve cambiare e, questa pandemia, imporrebbe di farlo quanto prima se non vogliamo regredire e perdere sempre più quei livelli a fatica conquistati negli anni migliori, livelli che comunque ci hanno sempre visti arretrati rispetto ai tradizionali partner europei e mondiali”. Lo afferma il presidente di Confindustria Fvg Giuseppe Bono, nella foto, commentando i dati dell’indagine congiunturale relativi al 3/o trimestre 2020 in regione. “Produttività di sistema, efficienza, sburocratizzazione – per non dire radicale cambiamento della pubblica amministrazione – non possono più – precisa Bono – essere solo oggetto di enunciati del momento ma obiettivi da perseguire con vigore, con linee d’azione semplici ma tempestive. In un recente convegno sul sistema del mare e della portualità ho parlato di responsabilità e torno a parlarne nuovamente in questa sede. Abbiamo, in questo Paese – prosegue Bono – il dovere di riappropriarci del senso della responsabilità, del senso del dovere a tutti i livelli”. “E’ quanto mai necessario – aggiunge il presidente di Confindustria Fvg – uno scatto d’orgoglio collettivo, che ricrei lo stesso spirito del dopoguerra: un’intera generazione di italiani si è rimboccata le maniche e, passo dopo passo, lavorando incessantemente, ha fatto dell’Italia il secondo paese manifatturiero d’Europa e il quinto al mondo”. Per Bono “la pandemia non ci deve portare all’apatia, alla sistematica attesa di interventi assistenziali tout court. Certo sono dovuti ed in particolare sono dovuti a chi non ha potuto lavorare, a chi ha dovuto fermarsi, a chi ha perso l’azienda o il lavoro. Ma il richiamato senso di responsabilità ci deve portare a delineare velocemente il nuovo Paese, perché volenti o nolenti, l’Italia – spiega – non sarà più la stessa a partire dal senso di smarrimento che permea tutto il contesto e condiziona l’operato quotidiano”. Secondo Bono “poche azioni, decise, ferme, incentrate sui mali storici italiani quali ad esempio: tempi intollerabili della giustizia, burocrazia fine a sé stessa, disparità territoriali che si sono acuite ancor più, debolezza infrastrutturale, scarsa considerazione del valore lavoro, disincentivazione della capacità di intraprendere, assenza di una reale politica industriale, scarsa attenzione a cultura e istruzione, vanno attuate a breve altrimenti – conclude – l’Italia non ce la farà”.