Un significativo recupero della vista in pazienti con neuropatia ottica ereditaria di Leber (più nota con il suo acronimo inglese Lhon) è possibile con la terapia genica. Per la malattia non esistono cure definitive, ma i risultati di uno studio suggeriscono un primo importante passo, documentando che un recupero significativo è possibile. I ricercatori sono infatti riusciti a correggere l’attività del gene difettoso responsabile della malattia attraverso un’iniezione nell’occhio, di quello che i ricercatori chiamano “cavallo di troia”. Si tratta di un virus inattivo, capace di arrivare nella cellula senza danneggiarla, portando invece il materiale genetico sano che ne ripristina il corretto funzionamento.
A spiegare come, i ricercatori dell’Irccs Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, unico Istituto italiano a partecipare a un trial clinico internazionale appena concluso. Durato 2 anni, lo studio ha reclutato 37 pazienti in tutto il mondo, 7 dei quali provenienti dall’Italia. La neuropatia ottica ereditaria di Leber – spiegano i medici – più comunemente nota con il suo acronimo inglese Lhon, è una malattia mitocondriale causata da un difetto nel Dna presente nei mitocondri, il motore energetico della cellula. Colpisce circa 1 su 25.000-40.000, prevalentemente giovani maschi tra i 15 e i 30 anni, e viene ereditata dalle mamme. Chi ne è affetto subisce una rapida e improvvisa perdita della vista che porta il paziente a una grave ipovisione nel giro di 6-12 mesi.
Nell’ultimo anno, l’attività di ricerca dell’ISNB – Istituto Scienze Neurologiche Bologna, punto di riferimento per tutti i pazienti, nazionali e non – ha portato all’identificazione di nuovi geni causativi di patologie ereditarie del nervo ottico (SSBP1 e AFG3L2) e all’attivazione di nuove collaborazioni in progetti internazionali sull’intelligenza artificiale applicate alla diagnosi di malattie del nervo ottico.