È pari a circa 4 milioni e mezzo di euro il danno subito dalla mitilicoltura di Taranto per la perdita delle cozze allevate nel secondo seno del Mar Piccolo a causa del combinato tra elevate temperature e mancata vendita. Il secondo seno del mare interno di Taranto presenta una infinita quantità di valve vuote che hanno perso il frutto. Ed è di nuovo crisi pesante per i mitilicoltori di Taranto che, dalla vendita del prodotto, contavano di reperire la risorse per affrontare i prossimi mesi. Secondo la categoria, che a Taranto ha una tradizione storica, le cozze di Taranto non si riescono a vendere perché i consumatori preferiscono acquistare le cozze di provenienza greca che, rispetto alle tarantine, sono più grandi e si presentano più “appetibili”agli occhi degli acquirenti. “Ma se è vero che le cozze greche sono più grandi, è fuori discussione che quelle di Taranto, più piccole, siano decisamente più buone. Non a caso Taranto ha una tradizione di cozze e di mitilicoltura che è di antica data” spiegano i mitilicoltori. Il fatto di non aver potuto vendere le cozze nei tempi giusti ha fatto sì che il prodotto restasse nelle acque del secondo seno del Mar Piccolo per un tempo lungo. E il caldo afoso delle ultime settimane, innalzando la temperatura dell’acqua, ha portato le cozze all’asfissia. Secondo i mitilicoltori, se fosse possibile tenere le cozze nel primo seno del Mar Piccolo, dove il gioco delle correnti frena l’innalzamento della temperatura dell’acqua, la produzione sarebbe salva. Invece, poiché il primo seno non è stato ancora bonificato dall’inquinamento, qui le cozze possono stare solo nella primissima fase di sviluppo e non arrivare a maturazione. A febbraio di ogni anno, le cozze che sono nel primo seno vanno spostate altrove. Secondo seno o Mar Grande, dove la classificazione dell’acqua è positiva. Anche per questo i mitilicoltori chiedono che si rifacciano le analisi sul primo seno del Mar Piccolo. Ritengono infatti che, a fronte di alcune, prime azioni del commissario di Governo alla bonifica di Taranto, Vera Corbelli, la situazione ambientale sia migliorata. Già temendo il peggio, a metà luglio i mitilicoltori avevano protestato sotto il Municipio di Taranto. “Si sta verificando un problema – aveva denunciato Luciano Carriero, commissario Confcommercio Taranto per il settore mitilicoltura -. Anni fa, il Comune di Taranto ha rilasciato concessioni per la reimmersione di prodotto proveniente dall’estero. Per noi questo é sbagliato. Nei nostri impianti ci troviamo cozze che arrivano dall’estero, vendute per tarantine, e questo impoverisce i mitilicoltori”. “Taranto – aveva proseguito – é una città di mitilicoltori. Non é il caso di rilasciare concessioni per la reimmersione. Il mare di Taranto è dei mitilicoltori tarantini“. Alle proteste dei mitilicoltori, rispose il Comune con l’assessore alla Risorsa mare, Gianni Cataldino, annunciando il piano delle coste che, una volta operativo, prevederà il divieto di reimmergere in Mar Piccolo cozze che non siano autoctone. “Trattandosi di un sistema chiuso -aveva spiegato l’assessore Cataldino riferendosi alla filiera produttiva della cozza tarantina – possiamo derogare alle norme europee che oggi consentono l’utilizzo di molluschi non autoctoni nelle nostre acque”. Per Cataldino, esiste un processo “indebita concorrenza” verso le cozze di Taranto “poiché sul mercato questi mitili nati altrove, arrivano con dimensioni maggiori e anche con prezzi inferiori”. Da mesi il settore è impegnato ad un rilancio. Si sta infatti rimuovendo, a cura del commissario Corbelli, il relitto del mercato ittico galleggiante dal Mar Piccolo per costruire un nuovo approdo – anche se i lavori sono fermi da alcuni giorni perché il mandato del commissario è scaduto -. Inoltre, ci sono iniziative per la promozione commerciale delle cozze di Taranto e si sperimentano anche retine biodegradabili nella coltivazione per ridurre le matrici inquinanti. Ora, però, la mitilicoltura si impatta con la nuova emergenza che mette a rischio la tenuta di un settore che già ha attraversato molte crisi.