(di Roberto Gervaso per Libero Quotidiano) Sono positivo? Sono negativo? Sono vivo? Sono moribondo? Sono morto? Non lo so. E non lo saprò finché il sinedrio voluto da Conte, un De Gasperi formato Upim, e incarnato dal dottor Borrelli, un Bertolaso in sedicesimo, sul cui passato non sappiamo niente, sul cui futuro sapremo ancora meno, sul cui presente è meglio tacere. Borrelli è un occhialuto viso pallido senza espressione, che dà il meglio di sé quando non apre bocca e il peggio, quando con flemmatica monotonia di un salmista, spara cifre che altri, con la sicumera dei baroni, senza araldici zebedei, confermano o smentiscono senza sapere perché. Il governo dell’avvocato Giuseppi che dà del tu a Ursula e a Donald, ha fatto bene a mettersi nelle mani di un comitato tecnico di lungo corso, avvezzo più ai naufragi che agli abbordaggi o alle cariche. Lo dirige un attempato Solone di cui ci onoriamo di non ricordare il nome, il cui afflato vocale da trigesimo, ci fa l’effetto di un pallone che non riesce a sgonfiarsi. C’è un solo modo per capirlo: fraintenderlo. Qualcuno ha proposto, e noi sottoscriviamo questo guizzo di fantasia, di registrare i suoi dotti soliloqui e utilizzarli nelle sale operatorie come potenti e infallibili ipnotici. Incontestabilmente egli si è cucito sul petto le greche di più grande anestesista del secolo. Il demiurgo Borrelli lo tiene a canonica distanza, ben stretto, come il corona virus tiene le sue vittime. Lo consigliamo a chi soffre d’insonnia: basta ascoltarlo pochi minuti per finire tra le braccia di Morfeo. Borrelli che sembra reduce da tutte le epidemie della storia, fa delle belle prediche da un pulpito screditato. Lui, il Mahatma dei nostri aspiranti salvatori, non indossa maschere, né mascherine, né coppole, né Borsalino, né pagliette, né camauri. Perché, Dio solo lo sa. O forse non lo sa nemmeno Dio, che sul corona virus, prima che la miccia si accendesse, nulla ignorava. Ma ora, di fronte a tanti oracoli, non si raccapezza neppure lui. Io già afflitto da inesorabili flagelli, vorrei umilmente sapere cosa devo fare per non finire in terapia intensiva, luogo, del resto familiare in tempi passati. È più facile trovare un ministro pentastellato in grado di citarvi in ordine cronologico i sette re di Roma, o di estrarre la radice quadrata di un numero primo, di riempire un modulo sulla privacy, che trovare un ministro grillino con una benda protettrice del naso e della bocca. È più facile che l’impeccabile poliglotta, cosmopolita Di Maio sfratti Trump dalla Casa Bianca e che Conte diventi Patriarca di Costantinopoli che farci fare un tampone. Ce la faremo ripetono con cantilenante eroismo il premier, i suoi visir e i suoi muezin. Vorrei dirlo anch’io. E lo dico. Ma a una condizione: di farsi da parte dopo avere recitato così male la loro.