Il classico OGTT, ovvero la curca di carico di glucosio, consente di fare diagnosi di diabete più accurate. Uno studio italiano realizzato da Giorgio Sesti dell’Università La Sapienza di Roma, presidente della “Fondazione Diabete Ricerca” e past-president della Società italiana di diabetologia (Sid), ha dimostrato che un valore di glicemia maggiore di 155 mg/dl, 1 ora dopo il test da carico orale di glucosio è in grado non solo di identificare i soggetti “pre-diabete” ma anche un gruppo di soggetti con normale tolleranza al glucosio finora “invisibili” alle strategie di prevenzione che presentano un rischio aumentato del 400 per cento di sviluppare un diabete conclamato entro i successivi 5 anni. I risultati dello studio sono stati presentati in occasione del 55esimo congresso dell’Associazione europea per lo studio del diabete (Easd) a Barcellona.
Le implicazioni sono importanti considerati i numeri della malattia. Si stima che in Italia ci siano circa 4 milioni di casi noti e circa 1 milione di casi misconosciuti. Inoltre, circa 10 milioni di persone hanno una forma di “prediabete” (alterata glicemia a digiuno e/o ridotta tolleranza glucidica), un pregresso diabete gestazionale o familiarità primo grado per diabete o obesità o sovrappeso centrale. Di questi circa 2 milioni svilupperanno il diabete nei prossimi 10 anni se non faranno qualcosa per evitarlo. In occasione del congresso dell’Easd è stato presentato uno studio internazionale che ha coinvolto 12 centri sparsi per il mondo con un numero complessivo di 21.641 partecipanti ha dimostrato che è possibile utilizzare il valore 1 ora dopo il test da carico orale di glucosio anche per identificare i soggetti con diabete. I ricercatori hanno infatti dimostrato che un livello di glicemia uguale o superiore a 209 mg/dl, dopo un’ora dal test di carico orale di glucosio consente di identificare soggetti con diabete tipo 2 con grande accuratezza come evidenziato dal valore di sensibilità del 91 per cento (ovvero percentuale di veri positivi) e di specificità del 92 per cento (ovvero percentuale di veri negativi). “L’importanza di questo studio – sottolinea Sesti – è quello di avere fatto emergere l’utilizzo a scopo diagnostico dei valori della glicemia, ad un’ora dall’assunzione di un carico orale di glucosio (75 grammi) al fine di identificare non solo le persone a rischio di diabete tipo 2 ma anche di coloro che hanno già la malattia conclamata che sarebbero altrimenti ignorate nel tempo con un test ambulatoriale di breve durata, comunemente eseguito e dai costi assai limitati”.