Amò donne e uomini ma non riuscì a conquistare Gardel
A grande cantante respinse il suo corteggiamento. Le due mogli lo piantarono, accusandolo di essere impotente e senza ardore
(di Cesare Lanza per LaVerità) Un latin lover tuttora celebrato in tutto il mondo: occupa uno spazio inviolabile nella storia del cinema, è un personaggio leggendario, morto in età giovanissima dopo strabilianti successi. Di Rodolfo Valentino hanno scritto che andava al di là di entrambe queste due definizioni, un supereroe del sesso sia nella finzione sia nella vita. L’erotismo esplodeva sullo schermo, talvolta solo suggerito, spesso mostrato apertamente con baci appassionati, gesti lenti, balli sensuali, carezze audaci e sguardi rapinosi. Era molto intelligente e autocritico. Di sé ha detto: «Le donne non sono innamorate di me, bensì dell’immagine che hanno di me sullo schermo, lo sono soltanto la tela su cui le donne dipingono i loro sogni». E ancora: «Un uomo dovrebbe avere il controllo della propria vita, ma per me succede l’esatto contrario». Era anche sentimentale, romantico: «Per gli occhi di una donna, si può anche andare in galera». E quando era alla fine: «Non tirate giù le tendine. Mi sento bene. Voglio sentire la luce del sole». Ha incassato anche giudizi critici di estrema perfidia, maldicenze, cattiverie. Nel 1926, un cronista del Chicago Herald Examiner, lo irrise così: «È un piumino per cipria rosa, un dandy effeminato, corruttore dei costumi americani». E molti altri costruirono ricostruzioni verosimili ed esagerate, evidenti invenzioni sulla sua presunta e sfrenata omosessualità, a dispetto delle celebratissime qualità di conquistatore di cuori (e corpi) femminili. Scrissero che aveva scelto o accettato amori interessati e mercenari, prima per mantenersi in America e poi per fare carriera.
In una biografia scandalosa, A dream of desire, di David Bret, si sostiene che Valentino era «gay per inclinazione naturale e bisessuale per convenienza finanziaria». Sarebbe stato coinvolto in amori omosessuali già a 15 anni,in un viaggio a Parigi. E nel 1913, a 18 anni, riuscì a convincere la mamma a dargli i soldi per un viaggio di terza classe, in nave, fino a New York. Qui avrebbe avuto una relazione con il miliardario Cornelius Bliss: era stato assunto come giardiniere ed era divenuto un popolare gigolò nel ristorante Chez Maxim’s, vendendosi a uomini e donne. A Los Angeles si fiondò nel 1915, frequentando subito il club di omosessuali Torch, affollato da registi e attori alle prime armi (tra questi, si dice, perfino Gary Cooper). Un giornalista francese conosciuto a Parigi, André Daven, fu la grande passione della sua vita. Una certa importanza la ebbe anche l’attore Ramon Navarro, a cui regalò una copia della sua virilità «dalle proporzioni erculee», in argento e a grandezza naturale. Uno dei più dolorosi dispiaceri fu il fallito corteggiamento al grande cantante argentino Carlos Gardel: «La cosa che più vorrei al mondo è far l’amore con quell’uomo», confidò a un amico. Infine, si disse che il suo primo matrimonio, con l’attrice Jean Archer, nel 1919, «fece da comoda copertura alle attività lesbiche della moglie». Un diario, vero o presunto, di Rodolfo Valentino fu pubblicato postumo nel 1931 e reso celebre nel 1960 da Kenneth Anger. Vi si leggono riferimenti compromettenti, che confermerebbero i dubbi sull’omosessualità dell’attore-conquistatore. Ma, secondo numerose voci, il diario potrebbe essere un clamoroso falso. Ecco una rivelazione che risale al 1924: il divo scrive mentre si trova a Parigi per inseguire la moglie che si era allontanata da lui, infuriata e determinata a lasciarlo. Era il 5 luglio: «(…) un bellissimo uomo mi segue da un quarto d’ora e finalmente mi ferma davanti all’Opera. (…) Mi sono recato a casa sua e mi ha baciato con frenesia già sulle scale (…), io ero come scatenato (…). Abbiamo fatto l’amore come due tigri fino all’alba. (…) Così mi sono vendicato di Natascha». Vero 0 falso? «Sono parole che non esprimono rabbia 0 risentimento, ma passione travolgente, il bisogno di essere amati come lui avrebbe voluto».
Ma vediamoli, i rapporti del mitico Rodolfo, con le donne. Inizialmente Valentino si infiammò per le ballerine Bonnie Glass e Joan Sawyer. Un rapporto sentimentale, ma anche di lavoro. Soprattutto con Bonnie che, grazie alla sua fama, lo aiutò a cercare e trovare il successo. Si dice che lo ingaggiò come taxi dancer- ovvero ballerino a pagamento – per 50 dollari alla settimana. Anche i suoi primi passi nel cinema li mosse grazie a una donna: la sceneggiatrice June Mathis. Aveva fama di essere una delle donne più potenti del cinema, stava lavorando alla sceneggiatura di Quattro Cavalieri dell’apocalisse e propose perla parte di Julio, il protagonista, quell’italiano dal fascino straordinario ma completamente sconosciuto. «Grazie alla Mathis, dunque, il bel Rodolfo impose il mito dell’amante latino, da subito venerato da milioni di donne. I suoi passi di tango nel film rimasero leggendari». Sono le sue due mogli a rafforzare le insinuazioni su Rodolfo Valentino attratto da giovanotti muscolosi: raccontarono senza mezze misure, apertamente, la mancanza di ardore e di erotismo del loro affascinante marito. La prima moglie, Jean Acker, un’attricetta, ballerina di scarso talento ma piena di superbia, lo piantò dopo un mese, lamentandosi in varie interviste che le loro notti erano state tutte «maledettamente bianche». In realtà era una seguace di Saffo, amante della famosa e gelosissima attrice Alla Nazimova. Molto peggio andò con la seconda moglie, la perfida, stravagante, bellissima, straviziata e insopportabile Natascia Rambova (si fingeva russa e invece era nata a Salt Lake City e all’anagrafe si chiamava Winifred Kimball Shaughnessy), a infliggergli un colpo micidiale e a screditarlo di fronte al mondo. Lui era uno schiavo sentimentale di questa artista poliedrica (danzatrice, scenografa, costumista e sceneggiatrice), una donna dalla personalità forte e magnetica, che lo devastò sia economicamente che psicologicamente. Capricciosa ed esigentissima, lo dissanguò (nonostante fosse ricchissima di suo) con le sue pretese. Dai costosi cani alsaziani ai cavalli purosangue arabi, yacht e lussuose automobili, gioielli da sogno e abiti magnificenti. Valentino si indebitò per lei di una cifra colossale: 100.000 dollari degli anni Venti. Natascia gli fece terra bruciata attorno, litigando con produttori, costumisti, registi e truccatori e riducendo il celebre marito a un fantoccio tra le sue mani. Ma lui era troppo innamorato di lei e disse: «Io non sono solo un uomo innamorato: sono lo schiavo di mia moglie. E per lei affronterei non soltanto la galera, ma anche la morte». In galera Rudy ci finì davvero: sposando la Rambova fu accusato di bigamia in quanto il precedente divorzio dalla Acker non era stato ancora registrato e convalidato. Così la crudele Natascia lo lasciò dopo quattro anni di matrimonio e lo umiliò davanti al mondo definendolo «un impotente, una cocotte imbellettata», omettendo che anche a lei, come la precedente moglie, interessavano più le donne che gli uomini. Valentino non si riprese mai dalla straziante delusione e cercò conforto tra le braccia di un’altra diva dell’epoca, la bellissima attrice polacca Pola Negri. Scrivevano che Rodolfo a truccava gli occhi, curava i dettagli del vestire con una ricercatezza allora attribuita soprattutto alle donne, portava braccialetti a forma di serpente, e poi era così maledettamente seduttivo! Le donne, negli States, erano pazze di lui molto più che degli attori americani e questo, unitamente al fatto che lui non appartenesse alla «casta» dei Wasp (acronimo di White Anglo-Saxon Protestant) ed essendo Italiano, cattolico e pure di pelle scura, dava fastidio, molto fastidio alla upper class. La stampa quindi lo prendeva di mira e gli riservava critiche beffarde.
Valentino era nato a Castellaneta, in provincia di Taranto, il 6 maggio 1895 e morì a Manhattan, il 23 agosto 1926. Fu uno scolaro vispo ma svogliato, trascorse un’infanzia e una prima adolescenza serenamente borghesi a Castellaneta e poi a Taranto, fino alla prematura e traumatica scomparsa del padre. Non rinunciando al progetto di garantire ai figli (c’erano anche Alberto e Ada) un’educazione decorosa, la madre lo iscrisse a un collegio di Sant’Ilario Ligure, dove, nel 1912, si diplomò in agraria. I documenti di collegio lo definivano studente irrequieto, interessato soprattutto alle lezioni di ginnastica e al ballo. Lui chiese alla madre, e fu accontentato, di tentare la fortuna in America. Qui Rodolfo intraprese vari mestieri, finché finì per lavorare come taxi dancer per balli in coppia. Era un giovane di rara bellezza. Naturale disposizione alla danza, gentilezza dei modi. Si trasferì a San Francisco, e venne ingaggiato da una compagnia teatrale di operetta per una tournée come ballerino, che lo portò a Hollywood. Fu una comparsa in alcuni film, poi interpretò, nel 1921, I quattro cavalieri dell’Apocalisse: recitava il ruolo di un avventuriero libertino, che si riscattava con un’eroica morte in battaglia. La scena del tango, in cui Rodolfo Valentino danzava allacciato in modo sensuale alla propria compagna, sedusse il pubblico e decretò il successo travolgente di Rudy come sex symbol e l’inizio della sua folgorante carriera, fatta di 40 pellicole in poco più di dieci anni. Indimenticabili le interpretazioni in film quali Il figlio dello sceicco, Lo sceicco e Sangue e arena. Quando, nel 1921, uscì Lo sceicco bianco, il suo produttore, Adolph Zukor, ricordò che le file di donne al botteghino erano interminabili al punto che la fama di Valentino tale – i giovani si pettinavano e si vestivano come lui – che sociologi e psicologici cercarono ogni spiegazione al fenomeno. Morì il 23 agosto del 1926 in un ospedale di New York. Era stato ricoverato per un’ulcera gastrica e per un’infiammazione all’appendice. Quando l’infiammazione diventò peritonite, finalmente venne operato, ma morì. Charles Chaplin lo commemorò così: «La morte di Valentino è una delle più grandi tragedie che abbia mai colpito il mondo cinematografico. Come attore possedeva arte e distinzione. Come amico, riscuoteva affetto e ammirazione». La notizia della sua improvvisa scomparsa scatenò un’isteria collettiva. Ai funerali presero parte decine di migliaia di persone: l’attrice Pola Negri, sua ultima amante, svenne sul!a bara, donne che non lo avevano mai visto si suicidarono per la disperazione. Il suo corpo attraversò gli Stati Uniti in un treno funebre, seguito come una reliquia: una volta sepolto nel cimitero di Hollywood, divenne meta di un pellegrinaggio ininterrotto.
Al mio pezzo di Mescolanza su Rodolfo Valentino aggiungo alla fine, ha contribuito Daniela Musini.