La Danimarca è il primo Paese in Europa a vietare l’uso di Pfas nei contenitori alimentari. Una mossa che potrebbe presto essere da esempio per altri stati, europei in primis. Gli Pfas sono sostanze chimiche utilizzate in moltissimi oggetti, soprattutto di uso alimentare, perché conferiscono ai materiali l’impermeabilità all’acqua e ai grassi: pentole, padelle, cartoni per la pizza. Ma sono comuni anche nei tessuti (ad esempio nel Goretex) e nelle schiume antincendio. Il governo danese ha spiegato che “fortunatamente esistono altri modi per produrre carta impermeabile al grasso e all’acqua che non hanno alcun potenziale cancerogeno”.
I danesi hanno infatti dato lo stop a questi composti dal luglio 2020 perché, oltre ad accumularsi nell’acqua (sono stati rilevati anche nel fiume Po) e nel suolo, entrano nella catena alimentari e, alla fine, anche nel nostro organismo, al quale potrebbero causare diversi problemi. Gli Pfas sono infatti interferenti endocrini e sospettati di provocare alcuni tipi di tumore, problemi all’apparato riproduttivo e allo sviluppo del feto, anche se una risposta chiara e univoca a questi dubbi non è ancora arrivata.
Il Parlamento europeo si è già occupato di questo argomento un anno fa, quando ha proposto di modificare i livelli di Pfas nell’acqua perché possa essere considerata potabile. Il testo non è ancora stato approvato dal Consiglio ma aveva sollevato diverse critiche, anche da europarlamentari italiani di Lega e Cinque Stelle che avevano proposto (invano) una “soglia zero”.
Secondo un rapporto del Nordic Council, un organismo di cooperazione che riunisce Danimarca, Finlandia, Svezia, Islanda e Norvegia) l’esposizione ai composti Pfas costa all’Unione Europea tra i 52 e gli 84 miliardi di euro l’anno in termini di spese sanitarie. Anche in Italia l’attenzione a questo tema è molto alta, soprattutto nel nord-est del Paese dove una fabbrica in provincia di Vicenza oggi fallita, la Miteni, ha prodotto per anni questi composti chimici provocando un grave inquinamento delle acque e, si sospetta, di molti operai che lavoravano ogni giorno in quel reparto.
Federico Formica, Repubblica.it