
Negli ultimi anni, si è assistito a una risalita dei fallimenti tra le imprese italiane, che era stata preceduta da un periodo di declino culminato a giugno 2020 a causa della moratoria sui prestiti. Secondo l’ultima analisi dell’Osservatorio procedure e liquidazioni di Cerved, alla fine del 2024 è stato registrato un ulteriore aumento del 17,2% rispetto al +9,8% del 2023, passando da 7.848 a 9.194 casi in termini assoluti.
La maggiore concentrazione di fallimenti si verifica soprattutto nel Nord-Ovest del Paese, dove si registra il 30% delle procedure, guidato dalla Lombardia. Le società di capitali sono le più colpite, costituendo l’82% del totale, con i servizi che rappresentano il 35% delle procedure.
Analizzando i vari settori, si notano i maggiori incrementi nelle costruzioni (+25,7%) e nell’industria (+21,2%), con un aumento rilevante nei metalli (+48,4%) e nel sistema moda (+41,1%). Al contrario, i settori del largo consumo, chimico e farmaceutico mostrano una tendenza opposta.
Le aziende più giovani stanno affrontando difficoltà enormi: tra le imprese sottoposte a procedure fallimentari, quelle con meno di 5 anni di attività sono passate dal 2% nel 2022 al 12% nel 2024.
Le ragioni di questo deterioramento sono da ricercare nell’aumento significativo dei costi, in particolare quelli energetici, oltre che nel crescente peso degli oneri sui debiti e nel peggioramento della situazione economica riscontrata lo scorso anno.
Il fenomeno in crescita non riguarda solo le procedure concorsuali fallimentari, ma include anche tutte le modalità di uscita dal mercato, come le liquidazioni volontarie (+12,7%) e i nuovi strumenti di composizione delle crisi d’impresa introdotti nel 2022 dal Codice della crisi d’impresa e d’insolvenza. Tra questi, i procedimenti unitari e le misure cautelari hanno registrato un’impennata notevole, specie tra le società di capitali, che hanno visto un aumento del 170% dal 2022 al 2023.