(di Katherine Puce) Negli ultimi anni si parla sempre più di smart working e lavoro flessibile Il concetto di lavoro flessibile ha radici più profonde di quanto si possa immaginare. Nato come risposta alle trasformazioni economiche e sociali del secondo dopoguerra, ha preso forma concreta soprattutto a partire dagli anni ’70 e ’80, quando i cambiamenti nei modelli produttivi e l’ingresso massiccio delle donne nel mondo del lavoro hanno reso evidente la necessità di una maggiore adattabilità degli orari lavorativi.
Oltre il modello 9-17
Con l’avvento della globalizzazione e, successivamente, delle nuove tecnologie digitali, la flessibilità è diventata una leva strategica per le aziende e una richiesta crescente da parte dei lavoratori. La diffusione di strumenti informatici, internet e dispositivi mobili ha progressivamente sgretolato il concetto di “ufficio” come luogo fisso e l’orario 9-17 come unico modello organizzativo. Ma lo stacco più importante è avvenuto grazie alla pandemia, che ha costretto a rivalutare i concetti di spazio e relazione. Sono così state più gettonate l lavoro da remoto e delle modalità ibride. Da necessità temporanea, il lavoro flessibile si è trasformato in una componente strutturale dei moderni ambienti professionali, diventando oggi uno dei principali elementi di attrattività per le imprese.
Gli ultimi dati di IWG
Nonostante i numerosi vantaggi ormai evidenti, molte aziende esitano ancora ad adottare il lavoro flessibile, temendo cali di produttività o possibili ripercussioni economiche. Si tratta di un pregiudizio sempre più smentito dai dati attuali. Una recente indagine condotta da International Workplace Group (IWG) mostra chiaramente come la flessibilità porti benefici tangibili, non solo sul piano dei costi operativi, ma anche in termini di benessere organizzativo. La riduzione degli spazi fisici e l’utilizzo di ambienti di lavoro più agili hanno generato risparmi significativi per oltre il 79% delle aziende che operano secondo un modello ibrido. Ma non è tutto.
Le aziende che adottano modelli flessibili mostrano una visione più positiva del futuro rispetto a quelle tradizionali, una prospettiva favorita in larga misura dai risultati ottenuti in termini di produttività e capacità di attrarre e mantenere i talenti. Oltre il 70% di queste realtà ha riscontrato benefici concreti sul clima organizzativo e sulla percezione del brand come luogo di lavoro attrattivo.
Una rivoluzione silenziosa del lavoro
Il lavoro flessibile si conferma un connubio capace di unire benessere, ottimizzazione dei costi e attrattività nei confronti dei talenti più qualificati. Questo equilibrio tra efficienza e valorizzazione delle persone è al centro delle considerazioni di Mark Dixon, CEO di International Workplace Group, che ha commentato con soddisfazione i risultati emersi dallo studio:
“Adottando il lavoro ibrido le aziende stanno riducendo i costi e migliorando la felicità e la produttività dei propri dipendenti. Non sorprende che le aziende che adottano questo modello siano quelle che guardano con ottimismo all’anno a venire.”
Il modello ibrido dimostra dunque di essere, al di là di ogni pregiudizio, una risposta concreta ed efficace alle sfide economiche attuali. Le aziende che adottano questa modalità sono avvantaggiate nel muoversi in un contesto in continua evoluzione e variabile. Questo perché è proprio la flessibilità, intesa come strategia, a renderle capaci di costruirsi come organizzazioni resilienti, dinamiche e pronte ad adattarsi con rapidità al cambiamento.